Diomede

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DIOMEDE

Uno degli eroi più conosciuti ed ammirati del mondo greco classico è Diomede, re di Argo. Egli, figlio di Tideo e di Difile, non è un personaggio realmente esistito, ma appartiene all’epopea omerica che, come noto, colloca le sue vicende intorno al 1200-1180 a.C., cioè al periodo della guerra di Troia.

Suo padre Tideo era stato uno degli eroi partecipanti alla spedizione dei “Sette contro Tebe”. Diomede, pertanto, partecipò alla impresa degli “Epigoni” contro quella città, azione che si concluse con la conquista ed il saccheggio di Tebe, opera che non era riuscita ai “Sette”. Come tutti i giovani della sua generazione, Diomede fu tra i pretendenti alla mano di Elena, la donna più bella del mondo. Il prescelto fu Menelao, si sa, ma, in base ad un patto stipulato tra i pretendenti prima della scelta, quando la donna fu rapita da Paride, Diomede partecipò con tutti gli altri alla famosa guerra di Troia. Spesso si trovò al fianco di Ulisse in clamorose imprese, come ad esempio il furto del Palladio di Troia che, per la cronaca, fu portato nella città di Argo. I due eroi, inoltre, avevano scoperto Achille che si nascondeva tra le figlie del re Licomede e lo avevano condotto alla guerra di Troia.

Sotto le mura di Troia, Diomede si coprì di gloria. Fu autore di azioni eccezionali, affrontando senza timore sia gli avversari, sia le divinità accorse in loro aiuto. L’eroe greco, infatti, affrontò l’infallibile arciere Pandoro, figlio di Licaone, capo dei Lici, e lo uccise con la lancia. Assalì poi Enea, intervenuto in aiuto di quello, scagliandosi addosso con un grosso macigno: a proteggere il troiano, e salvarlo da sicura morte, intervenne la madre Venere. Allora Diomede attaccò anche la dea e la ferì al polso, costringendola alla fuga. In seguito guidò i greci all’attacco ed affrontò addirittura Marte, il dio della guerra, ferendolo con il giavellotto. La sua forza ed il suo valore erano tali che lo stesso Ettore, per arginare i suoi attacchi, convinse le donne troiane a sacrificare agli dei affinché tenessero Diomede lontano dal campo di battaglia.

Diomede era un indomito e non si arrendeva neppure nei momenti più difficili. Respinse, infatti, con sdegno la proposta di Agamennone di abbandonare le ostilità, perdurando “l’ira di Achille” e gli assalti incontenibili dei Troiani. Il Tidide addirittura accusò di viltà il comandante supremo dei greci che, poi, retrocedette dal suo proposito.

Diomede era sempre presente nelle azioni più audaci dei greci: con Ulisse andò ad esplorare il campo dei troiani; infiltratisi, poi, in quello dei traci, fece strage di nemici; fu, infine, tra gli eroi che entrarono nel famoso cavallo ideato da Ulisse per entrare nella città di Troia. Diomede, però, non era un eroe tracotante e superbo, come pure se ne trovavano nel campo greco, ma leale e rispettoso dei valori dell’amicizia. A tal proposito bisogna ricordare che quando si trovò ad affrontare il troiano Glauco, ricordandosi che il giovane era stato suo ospite, si rifiutò di combattere e scambiò con lui le armi in segno di stima.

Diomede piace perché è un eroe privo di fronzoli, un vero uomo che si conquista la gloria ed il rispetto per quello che realmente vale. Egli, infatti, non ha divinità che lo proteggono, non ha parenti sull’Olimpo, non si atteggia a divo … e mentre altri si trastullano in ripicche, dispetti ed atteggiamenti da prime donne, egli è sempre lì, pronto a combattere, a sostenere il pes maggiore della battaglia. Diomede, è bene ricordarlo, spesso, si trova ad essere il solo, con Aiace Telamonio ed Aiace Oileo, a sostenere l’assalto dei troiani.

Il figlio di Tideo retrocedette in sole due occasioni: una volta costretto a ritirarsi da un fulmine che gli è scagliato contro dal re degli dei ed un’altra quando non riuscì ad arginare la furia di Ettore e rimase ferito.

Dopo che la città di Troia fu presa, Diomede tornò in patria ad Argo. Qui scoprì che la moglie Egiale lo aveva tradito con Ippolito. Allora lasciò la sua città e si recò in Etolia, dove restituì il trono ad Eneo, suo nonno, che era stato scacciato da Agrio.

In seguito Diomede venne in Italia, ospite di Dauno che gli diede delle terre e la figlia in sposa. In Italia l’eroe fondò alcune città tra le quali Canosa, Benevento e Brindisi. Secondo la tradizione, Diomede morì ucciso proprio da Dauno, in seguito ad un diverbio avuto con quello.

Al di fuori del ciclo omerico e della mitologia greca, troviamo Diomede nella Divina Commedia. Dante, infatti, pone l’eroe greco nell’Inferno, tra i consiglieri fraudolenti, insieme ad Ulisse, in una fiamma la cui sommità è divisa in due punte:

….........Là dentro si martira
Ulisse e Diomede e così insieme
a la vendetta vanno come a l’ira.
(Inferno, XXVI, 55-57)

Dante, però, mettendo Ulisse nella punta più alta, fa capire che era stato il Laerziade e non Diomede ad aver dato la preferenza all’astuzia, piuttosto che al valore delle armi. C’è anche da dire che Ulisse, sia pur collocato nell’Inferno, è visto da Dante sotto una luce positiva e pertanto anche Diomede è in un certo senso riscattato e visto in modo positivo.

Omero, in ogni modo, non accusa mai Diomede di falsità o di azioni subdole, ma, al contrario, lo fa gareggiare con gli altri condottieri in eroismo, valore e temerarietà. Egli, infatti, è sempre pronto ad affrontare l’avversario, chiunque esso sia, con la lancia, con la spada o addirittura con un masso. Per questo motivo meglio avrebbe fatto il sommo poeta ad evitare a Diomede l’onta dell’Inferno che non meritava affatto e lasciarlo nei Campi Elisi in compagnia degli eroi omerici, personaggi dell’epopea più bella del mondo.

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