L'atticismo

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L'ATTICISMO

L'atticismo sorse come reazione alla lingua della prosa ellenistica (la “coinè”) e alla moda retorica detta "asianesimo" affermatasi a Roma nel I secolo a.C.. L'asianesimo, che risaliva ad Egesia di Magnesia (Asia Minore), un retore che ebbe grande fama nel III secolo a.C., aveva come caratteristica principale la ricerca artificiosa dell'effetto, ottenuto spezzettando il periodo fino a dargli un'andatura saltellante, curando il ritmo, ricercando parole preziose e metafore sorprendenti. Per contrapposizione gli Atticisti vollero risalire alla purezza e alla semplicità della lingua e dello stile attico e proposero come modelli Demostene e, ancora di più, Lisia.

L'atticismo fu una corrente scolastica nel senso peggiore della parola, pretese di dare precetti per la composizione di opere d'arte e ridusse questi precetti a questioni pedantesche di purismo lessicale e di schemi stilistici, concependo l'espressione come una veste che si potesse applicare dall'esterno al contenuto secondo regole predeterminate.

L'imitazione dei modelli antichi si impose come una norma rigorosa ed esclusiva. La conformità con gli esemplari attici divenne il primo criterio di giudizio estetico. Si rigettò ogni opera letteraria che se ne discostasse, giungendo ad eccessi ridicoli, come quello di condannare autentici scrittori attici, quali Platone e Menandro, per la loro scarsa atticità in confronto di Lisia.

Uno dei risultati più spiacevoli della moda atticista fu la condanna e l'esclusione dalle scuole della prosa ellenistica e quindi la perdita, per noi, della massima parte di essa. Il purismo, la pedanteria, la precettistica scolastica, la mania dell'imitazione sono gli indizi caratteristici di una cultura esaurita ed inerte e danno la prova più evidente che la letteratura greca si trova in una fase di decadenza.

Tra i principali promotori dell'atticismo fu il retore Dionigi di Alicarnasso (Asia Minore) stabilitosi a Roma verso il 30 a.C., autore di molte opere ed opuscoli di critica letteraria e di precettistica retorica che ci sono state conservate; da ricordare è anche Cecilio di Calatte (Sicilia), del quale però non restano che frammenti.


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