De minimibus
Da Pklab.
DE MINIMIBUS
Città del Tuscio 4.4.2001
Non mi interessano le grandi imprese, né le svolte storiche o epocali. In verità neppure mi accorgo di esse: non vedo, infatti, grandi cambiamenti e non vedo alcun nuovo che avanza. Nonostante la frenesia che sembra aver colpito l’uomo in questi tempi cosiddetti moderni, ho la sensazione che il mondo sia fermo, la società immobile nella sua assurda corsa verso la rovina. Niente di nuovo sotto il sole o meglio, per dirla come i miei compaesani di un tempo, “munno era e munno è”.
O M I S S I S
Invece sui treni e sui pullman extra urbani sono i negri a non stare mai in piedi. Anzi spesso e volentieri occupano due o più posti, mettono sui sedili i loro bagagli, buste, borse, scatole tipo trasporto masserizie, oppure si tolgono le scarpe per stare più comodi e più freschi e si sdraiano, mettono i piedi sui sedili, tossiscono senza mettere la mano davanti alla bocca … nessuno protesta, forse per non essere accusati di razzismo. Mi ricordo, a tal proposito, un giorno che presi il pullman … era pieno. Io avevo trovato posto a sedere perché ero salito al capolinea. Ad un certo punto si avvicina una signora e mi chiede se le lascio il posto; le dico che ci sono posti liberi … mi risponde: “Ma quelli fanno finta di non capire e poi … puzzano!”
Anche i controllori, sempre pronti a rompere i coglioni agli italiani per cose sulle quali si potrebbe sorvolare, non dicono niente, non controllano i loro biglietti, non fanno loro multe, non chiamano la polizia. A volte dicono che è inutile, a volte che si tratta di povera gente … il fatto è che anche loro hanno paura, paura di essere aggrediti da quelli o di essere accusati di bieco razzismo. Ed intanto siamo arrivati ad un razzismo all’incontrario, dove le vittime sono gli italiani, quelli che pagano le tasse, quelli che pagano il biglietto, quelli costretti a mantenere tutti questi lazzaroni e chi li protegge.
Intanto sono arrivato a destinazione … un altro giorno è pronto a risucchiarci.
Lo ha scritto il Tuscio
Anonimo Olevanese da piccolo osserva il mondo
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