Alceo di Mitilene

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ALCEO di Mitilene (VII - VI sec. a.C.)

Alceo è senza dubbio uno dei maggiori poeti greci. Con Saffo di Lesbo, sua contemporanea e conterranea, può essere definito il rappresentante della lirica eolica.

G0001Alc.jpg Alceo raffigurato con Saffo in un'idria attica del V secolo

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La vita

Fiorito tra la seconda metà del secolo VII e la prima del VI, Alceo era sicuramente di famiglia aristocratica. Nativo di Mitilene, nell’isola di Lesbo, il poeta si tuffò nella lotta politica che fu animatrice della sua vita e della sua poesia. Partecipò alla guerra contro Atene per il possesso del Sigeo e si impegnò politicamente prima contro il tiranno Melancro e poi contro il successore di questi, Mirsilo. Quest’ultimo, però, lo costrinse a ritirarsi in esilio a Pirra, un'altra cittadina di Lesbo. Dopo la caduta di Mirsilo, vittima di una congiura, il popolo diede il potere a Pittaco e Alceo, che avversava anche il nuovo tiranno, fu costretto a un secondo esilio.
Dall'esilio in Egitto, dove per vivere faceva il soldato mercenario, Alceo non cessò di scagliare versi furenti contro i suoi compatrioti e il tiranno, che considerava un traditore. Pittaco, nonostante tutto, lo fece rientrare in patria dove, dopo aver combattuto anche in una guerra contro Atene, il poeta invecchiò fra amori e banchetti.

Le opere

In epoca alessandrina le poesie di Alceo costituivano 10 libri, ordinati, forse, in base al loro contenuto. Di questi se ne conoscono circa 150 frammenti, ricavati in maggioranza dai “papiri di Ossirinco”. Questi papiri, che contenevano testi di vari autori letterari tra i quali, oltre ad Alceo di Mitilene, Saffo di Lesbo, Eroda e altri, ma anche atti giudiziari ed amministrativi, furono così chiamati dal nome dell’antica città egizia, situata sulla sinistra del Nilo, dove furono rinvenuti a fine ‘800-inizio ‘900.
Le prime poesie della raccolta cantavano, in inni strofici, dei ed eroi; seguivano quelle, assai appassionate, di battaglia politica, fra cui celebri l'allegoria della nave dello Stato sballottata dai flutti, il grido di esultanza per la morte di Mirsilo (dobbiamo bere a tutto spiano poiché Mirsilo è morto), l'ironico racconto della propria fuga in battaglia con l'abbandono dello scudo (tema che ritroveremo in Archiloco di Paro), la descrizione della sala d'armi; e infine i canti amorosi e simposiaci per i compagni, i giovinetti amati, il banchetto allietato dal vino.

Giudizio

La poesia di Alceo si distingue per la grande spontaneità e la forza passionale. Il suo mondo poetico ruota sui due temi della lotta politica e del banchetto: poesia di casta dunque, ma in cui si affonda tutta la carica vitale di una concezione virile della vita. A lui s'ispirò, nel canto della fugacità della vita e del vino inebriante, Orazio, che riprese anche la strofa di quattro versi (due endecasillabi, un enneasillabo, un decasillabo) detta, da Alceo, alcaica.

Fortuna

Alceo fu un poeta molto stimato ed apprezzato nell’antichità e la sua fama durò a lungo. A dimostrazione di ciò, basta dire che nel canone dei lirici stabilito dai critici alessandrini, occupa il secondo posto dopo Alcmane.

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