Ad un'amica

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Revisione 10:49, 18 Mar 2010
Anonimo olevanese (Discussione | contributi)

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Carissima, Carissima,
-mi chiedi cosa faccio tutto il giorno e a cosa penso; mi domandi come trascorro le sere e le notti. Che dirti? Le tue domande mi inducono a credere che ancora ti ricordi di me, che qualche volta mi pensi e … il saperlo mi da tanta gioia, mi illumina un’esistenza altrimenti più grigia e noiosa. Poi, però, mi accusi di averti fatto del male e, anche se continui a dichiararla, dalle tue parole capisco che ormai la tua fiducia in me va scemando ogni giorno di più. Questo mi rende ancora più triste, come se non mi bastasse di essere triste per i fatti miei; i tuoi rimproveri mi addolorano ... mi fanno star male ....<br />Se lo desideri, se ti fa piacere, ti racconterò di questa mia vita, pur se priva di interesse, monotona e vuota, con il tempo che trascorre stancamente, trascinandomi verso un futuro nebuloso che non arriva mai. Ed io sono come quegli animali che vivono un solo giorno: prima che il sole comincia la sua discesa, ne ho già pieni i bottoni. Per prima cosa, però, in nome della nostra antica amicizia e per il bene che mi vuoi, consentimi di discolparmi dalle accuse che mi rivolgi e poi, se puoi, perdonami il male che, sia pure involontariamente, ti ho arrecato oppure, se lo preferisci, crocifiggimi: a te la scelta, a te il compito di calare il sipario e di scrivere la parola “fine”. Io non ti chiederò niente; tu fa quello che vuoi, ciò che credi sia meglio, quello che ritieni più giusto: sono quasi certo che, probabilmente, non ci vedremo più dal momento che tu ti stai incamminando su una strada che non conosco ed io, invece, devo continuare la mia fuga, nella speranza di sfuggire ai nemici di sempre e raggiungere quei pochi amici che mi restano ed ancora lottano su un fronte che ignoro. Forse morirò con loro, combattendo un avversario sconosciuto, durissimo, implacabile, il più ostico … impossibile da battere. Non vedo, purtroppo, alcuna speranza di vittoria e, in ogni caso, sarò, come sempre, sconfitto dalla storia, dagli anni, dal tempo, dal destino.<br />Se, invece, gli dei vorranno farci incontrare ancora una volta, sappi che non vedrai il vecchio Tuscio che conoscevi, ma il suo fantasma, sconfitto, umiliato, deriso, offeso. Probabilmente stenterai a riconoscerlo: non avrà più la barba ed i lunghi capelli; sicuramente non indosserà più la gloriosa camicia grigia, logora e sgualcita, dei tempi eroici, ma vestirà i panni del perdente. Potranno essere pure abiti eleganti, forse di marca, firmati, lavati, stirati … ma saranno il segno della sconfitta e la cravatta una corda al collo che lo soffoca implacabilmente.<br />Cara amica, ricordo ancora quando ti adombrasti, offesa perché avevo detto che saresti stata proprio tu a scagliare la prima delle pietre che mi avrebbero lapidato. Ti offendesti e non ricordo più perché non continuammo il nostro il discorso. Avrei voluto tanto sbagliarmi … purtroppo non molto tempo è passato da allora e quel sasso mi è giunto, mi ha colpito con violenza, mi ha tramortito anche se non mi ha ammazzato. Credevo, ero certo che avessi compreso il senso della nostra lotta ed il nemico che ci stava di fronte, un nemico astuto, forte, spietato … mi sbagliavo. Non ti rendevi conto di niente o forse cominciavamo a non comprenderci più, a diventare due estranei, due sconosciuti.<br />Povera amica … perché non mi hai voluto dare ascolto? Perché hai voluto lottare con armi inadatte, la sciabola contro il cannone, la lancia contro i mulini a vento? Perché hai creduto che una piccola carica e pochi spiccioli avrebbero cambiato il mio spirito, l’animo tusciano ereditato dai nostri illustri genitori. Perché mi hai abbandonato? Perché sei andata via? Insieme avremmo vinto, avremmo sconfitto il mondo … ora, invece, il vecchio Tuscio, malmenato e battuto, è in fuga continua ed il destino si è molto accanito contro di lui, lo ha percosso con violenza, lo ha prostrato. Non gli è servito a niente fingersi saggio, tentare di confondersi con le pecore bianche. Il suo bluff è stato scoperto e non lo hanno perdonato.<br />Carissima, il tuo vecchio amico soffre; soffre, per gli dei, e sempre di più soprattutto perché è solo: tutti lo hanno tradito e abbandonato. L’ha tradito soprattutto chi diceva di credere in lui e coloro nei quali egli credeva.<br />E neppure può correre in tuo aiuto e proteggerti come un tempo: della sua spada si sta gloriando qualche nostro nemico e le forze non lo sorreggono come un tempo. Ora il Tuscio, orfano dell’antico spirito tirreno, è debole; ha solo voglia di dormire, tanta voglia di dormire … e morire; non vorrebbe mai alzarsi dal letto, non vorrebbe scendere dal treno: ha solo voglia di tenere gli occhi chiusi e pensare, sognare, fantasticare ... morire.<br />Cara amica, vorrei dormire un sonno eterno ed invece mi sveglio la notte, quando è ancora buio; allora vorrei che il mattino non arrivasse mai e la luce del sole mi rende triste ... un altro giorno, inutile, è giunto e non vedo l’ora che ritorni la notte.<br />Quando questa epistola ti giungerà, probabilmente mi avrai già dimenticato da tempo e forse ti chiederai sconcertata: “Chi diavolo è questo Tuscio”?<br /> O forse non sarà così e quando ci rincontreremo, lanceremo di nuovo alto l’antico urlo di guerra? Non lo so. Voglia il cielo che fosse così! +mi chiedi cosa faccio tutto il giorno e a cosa penso; mi domandi come trascorro le sere e le notti. Che dirti? Le tue domande mi inducono a credere che ancora ti ricordi di me, che qualche volta mi pensi e … il saperlo mi da tanta gioia, mi illumina un’esistenza altrimenti più grigia e noiosa. Poi, però, mi accusi di averti fatto del male e, anche se continui a dichiararla, dalle tue parole capisco che ormai la tua fiducia in me va scemando ogni giorno di più. Questo mi rende ancora più triste, come se non mi bastasse di essere triste per i fatti miei; i tuoi rimproveri mi addolorano ... mi fanno star male ....<br />
-So solo che mi manchi, so solo che è passato tanto tempo dall’ultima volta che ci siamo visti e non ho più nessuna notizia di te. Nessuno mi parla della mia amica carissima e, d’altra parte, io stesso non oso chiedere informazioni perché ho paura di essere deluso. Non chiedo tue notizie, ma spero sempre di vedere il tuo volto radioso in una delle persone che attraversa la piazza, che entra nel bar, che scende dall’autobus, che spunta dalla via. Allora forse ci fisseremo negli occhi e poi ci abbracceremo … sicuramente piangeremo di gioia, e parleremo e ci diremo tante cose. E ti dirò che quel giorno non stavo tradendo le nostre idee, non stavo abbandonando la contesa, ma stavo sperimentando una nuova forma di lotta, avendo abbandonato la sciabola per il fioretto. Ti può sembrare strano, ma io non ho mai tradito le mie idee. Sono stato, invece, vittima del tradimento di chi le propugnava, di chi me le aveva fatte conoscere. I miei vecchi compagni di partito sono diventati funzionari e burocrati e parlando per gli altri curano i propri interessi ed ingrassano, sono ricchi e potenti e chiamano straccioni i loro antichi compagni; gli amici rivoluzionari di un tempo fanno rivolte a parole, agitano l’acqua nel bicchiere, gridano, urlano, lanciano i sassi (e nascondono la mano) … poi vanno a nascondersi dietro la sottana della mamma.<br />Io non ho più il coraggio di un tempo; sono pure convinto che se provassi a tirare fuori la mia vecchia spada arrugginita ne avrei sicuro danno … allora sono diventato come il tarlo per il legno, il verme per la mela. Continuerò la mia guerra solitaria, animato dalla mia tristezza e dalla mia noia; continuerò a combattere nemici che non conosco più e non saprò mai quando vinco e quando perdo. Come [[Sisifo]] rotolerò la mia pietra fino alla china finché non verrà il tempo in cui Charun pianterà il chiodo ed io raggiungerò finalmente la mia gente.+OMISSIS
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 +Io non ho più il coraggio di un tempo; sono pure convinto che se provassi a tirare fuori la mia vecchia spada arrugginita ne avrei sicuro danno … allora sono diventato come il tarlo per il legno, il verme per la mela. Continuerò la mia guerra solitaria, animato dalla mia tristezza e dalla mia noia; continuerò a combattere nemici che non conosco più e non saprò mai quando vinco e quando perdo. Come [[Sisifo]] rotolerò la mia pietra fino alla china finché non verrà il tempo in cui Charun pianterà il chiodo ed io raggiungerò finalmente la mia gente.
Forse allora ci rivedremo. Forse allora ci rivedremo.

Versione attuale

Città del Sole, 1.1.1980

Carissima,

mi chiedi cosa faccio tutto il giorno e a cosa penso; mi domandi come trascorro le sere e le notti. Che dirti? Le tue domande mi inducono a credere che ancora ti ricordi di me, che qualche volta mi pensi e … il saperlo mi da tanta gioia, mi illumina un’esistenza altrimenti più grigia e noiosa. Poi, però, mi accusi di averti fatto del male e, anche se continui a dichiararla, dalle tue parole capisco che ormai la tua fiducia in me va scemando ogni giorno di più. Questo mi rende ancora più triste, come se non mi bastasse di essere triste per i fatti miei; i tuoi rimproveri mi addolorano ... mi fanno star male ....

OMISSIS

Io non ho più il coraggio di un tempo; sono pure convinto che se provassi a tirare fuori la mia vecchia spada arrugginita ne avrei sicuro danno … allora sono diventato come il tarlo per il legno, il verme per la mela. Continuerò la mia guerra solitaria, animato dalla mia tristezza e dalla mia noia; continuerò a combattere nemici che non conosco più e non saprò mai quando vinco e quando perdo. Come Sisifo rotolerò la mia pietra fino alla china finché non verrà il tempo in cui Charun pianterà il chiodo ed io raggiungerò finalmente la mia gente.

Forse allora ci rivedremo.

Addio!

Lo scrisse il Tuscio thumb_Anonimo_olevanese.jpg

Anonimo Olevanese da piccolo osserva il mondo

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