Il mio barbiere(2)

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IL MIO BARBIERE (2)


Città del Sole 12.2.2003

Sono di nuovo a Salitto. Non ricordo se sono lì per caso o se vi sono giunto per un motivo preciso, magari per qualche commissione; probabilmente, ma non ne sono poi tanto sicuro, ho bisogno di una sistemata ai capelli. Non lo so! C’è qualcosa di misterioso, tutto mi è strano …. Benché siamo nella tarda mattinata ed il sole splende nel cielo, inspiegabilmente la strada è deserta, non ci sono persone, non ci sono bambini, … c’è solo un assordante silenzio. Giunto davanti alla porta dove, quando io ero piccolo, il mio barbiere aveva il salone, mi soffermo un attimo, ma senza un motivo preciso, di sicuro non ho niente da fare … sono indeciso: forse i miei capelli sono in disordine, forse voglio solo perdere tempo, forse non lo so!
Poi, come per incanto, appare lui, il mio amico barbiere, sorridente come sorrideva ogni volta che entravo nel suo salone, come quando affermava con legittimo orgoglio che tra i suoi clienti c’erano persone che rinunciavano ai barbieri della capitale per venire a farsi “tosare” da lui.

Non parla!

Con il braccio mi cinge la vita invitandomi ad entrare nel locale davanti al quale mi sono fermato. In quell’istante mi viene alla mente che un giorno mi era stato comunicato che il mio amico barbiere era morto … ricordo bene la tristezza che mi aveva invaso … avevo anche inviato un telegramma di condoglianze alla moglie! Possibile che avessi commesso un errore così grossolano? Ero stato forse vittima (e di conseguenza autore) di uno scherzo macabro e grottesco? Non so che pensare …
Intanto la porta di quel locale si apre … o forse è lui ad aprirla, ora non lo so; guardo dentro: non è un negozio di barbiere, ma una specie di supermercato, immenso, con numerosi scaffali colmi di merce, con tante luci che danno l’idea di un luogo piacevole.

Stranamente anch’esso, come la strada, è vuoto di gente. Il mio amico barbiere mi guarda e sorride soddisfatto … quello, mi par di capire, è il suo nuovo negozio.

Intanto non posso fare a meno di ripensare al telegramma che avevo spedito quando mi fu annunciata la sua morte. Avevo davvero commesso un errore imperdonabile? No! Ricordo di aver avuto i ringraziamenti della moglie per essermi ricordato del mio amico, ricordo di averne parlato con dispiacere … e allora? È forse risorto? Perché no? In fondo è questa la soluzione più plausibile: se un giorno era morto (ed io ne ero certo) ed ora (la cosa è evidente) lo vedo vivo, sorridente e senza un minimo accenno ad una mia eventuale gaffe, non può che essere risorto. Si, deve essere proprio così … il mio amico è risorto ….

Intanto siamo giunti davanti alla porta dove aveva il salone negli ultimi anni; mi apre la porta; guardo dentro: è affollato di gente in attesa di essere serviti. Mi rendo conto che ci sarebbe molto da aspettare … non entro.

Lo guardo. Egli continua a non parlare, ma mi fa capire che ora non fa più il barbiere, non perché disprezzi l’antico mestiere, ma perché adesso “faceva di meglio”, si era evoluto. Si, adesso il mio amico sta meglio ed è contento della sua nuova esistenza.

È strano, però, questo fatto ben sapendo quanto il mio amico fosse innamorato del suo lavoro, conoscendo la cura e l’impegno che profondeva per accontentare la sua clientela, per di più varia come nessun altro: bambini di pochi anni, ragazzi, giovani, adulti, vecchi (e vicini e lontani, amava dire, parafrasando il grande Nunzio Filogamo).

Ed io resto sconcertato per quello che sto vivendo. Non so più cosa pensare: è davvero esatto affermare che si è vivi finché qualcuno si ricorda di noi? È il ricordo che sopravvive al corpo? Siamo noi che decidiamo chi far vivere e chi morire? Davvero dopo la morte si trova la serenità e la pace divina? E che cosa è la vita? Che cosa è la morte?

Mi guardo intorno … il mio vecchio amico è felice … io continuo a non capire!

Mi sono svegliato!

"Lo disse il Tuscio" anonimo_olevanese.jpg

Anonimo Olevanese da piccolo osserva il mondo


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