Atellana
Da Pklab.
L’ATELLANA
Più che dalla fabula togata, in verità, l’espressione del teatro indigeno è rappresentata dalla Fabula Atellana. Questo tipo di commedia proveniva, come anche il nome ci dice, dalla città di Atella, in Campania. A differenza della palliata e della togata che avevano personaggi scelti liberamente, l’atellana aveva personaggi fissi. Essa è detta commedia delle maschere perché gli attori, per rappresentarla, si mettevano appunto le maschere e si vestivano come il personaggio che interpretavano. E così come la “commedia dell’arte” aveva i vari Pantalone, Arlecchino e Pulcinella, anche l’atellana aveva i suoi personaggi specifici. C’era Maccus, tonto e fesso, ed il vecchio babbeo Pappus, raggirato da tutti ed in tutti i modi, specialmente nelle sue voglie amorose; Bucco, ciarliero e mangione, era il terzo personaggio tipico, il cui nome deriva da bucca, cioè la bocca appunto per parlare e per mangiare; infine c’era Dossenus, il gobbo (da dorsum cioè dorso). Questi erano le fonti del riso popolare, erano essi a far divertire gli spettatori e, con le loro canagliate e buffonate, dare al popolo allegria grassa e spensierata.
Nel periodo di Plauto e Terenzio, l’atellana, per la natura ed il carattere popolare, non ebbe vita artistica propria; non aveva, infatti, un copione scritto e la sua trama era lasciata all’improvvisazione degli attori. Nel periodo di Silla, però, visse un periodo di buona prosperità ed assurse a genere letterario.
Uno tra i più noti autori di atellane dell'età di Silla fu Novio, di cui ci rimangono solo 44 titoli ed un centinaio di versi, spesso gustosi per le invenzioni linguistiche e le bizzarre metafore. Tra i titoli ricordiamo Bubulcus, Pappus Praeteritus, Maccus, Bucculus ed Hercules coactor.
Altro grande scrittore di atellane fu Lucio Pomponio, bolognese. Contemporaneo di Novio, e quindi vissuto nel I secolo a.C., Pomponio fu con lui il principale autore di farse atellane, che portò anzi a forma letteraria. Pomponio coltivò anche la fabula togata e la parodia mitologica. Di lui si conoscono 70 titoli di sue opere e circa 200 brevissimi frammenti frammenti, che, in ogni caso, ci mostrano un linguaggio popolare e scene di vita quotidiana di immediata comicità.
Purtroppo di tutte le opere di questo autore ci resta quasi niente: pochi versi anche se con tantissimi titoli. In ogni modo le farse più comiche dovevano essere quelle che riguardavano la sfera delle competizioni elettorali, sul cui argomento scrissero sia Novio sia Pomponio. Più di tutte doveva suscitare il riso quella intitolata Pappus Praeteritus (cioè Pappo sconfitto alle elezioni), tanto più che la sconfitta elettorale era per i romani una grandissima umiliazione.
Altre commedie si reggevano sul classico e sempre umoristico scambio di persona o sull’equivoco, come “Macci gemini” (i gemelli Macci) di Pomponio e “Duo Dossenni” di Novio, senza tralasciare i ridicoli travestimenti, come “Maccus virgo” (Macco travestito da ragazza), anche questa di Pomponio.
Come si è detto, dai frammenti non è possibile farsi un’idea chiara dell’Atellana; pertanto il miglior documento su questo genere teatrale resta la scenetta riportata da Orazio nella quinta satira del Libro I, dove è descritta la gara buffonesca tra Sarmento e Messio Cicirro. In essa non c’è alcuna delle maschere fisse che conosciamo, ma si incontra un certo Messio Cicirro, di origine osca ... E piace pensare che Cicirro, che significa galletto, sia l’antenato di Pulcinella, anch’esso “pulcino”, anche perché proveniente dalla stessa terra.