Sul razzismo
Da Pklab.
SUL RAZZISMO
Città del Tuscio - 22.9.2000
Oggi fa sorridere e qualcuno potrebbe anche trovarlo un motivo di vanto, ma allora non era così … quello era un marchio infamante! Qualunquista! … e non avevi diritto alla parola; qualunquista … e le tue opinioni erano considerate nulle e tu eri un paria; qualunquista … e se non proprio schifato, eri perlomeno ignorato. Naturalmente fui accusato di qualunquismo, e nell’accezione peggiore del termine! Ci rimasi un po’ male, ma non protestai perché in fondo mi sentivo proprio un uomo qualunque.
Il tempo trascorreva inesorabile a medicare ferite e l’accusa di qualunquismo andava perdendo la sua antica virulenza: chi si offendeva più se era chiamato qualunquista? Praticamente nessuno!
Fu così che essi furono costretti a cambiare e mi accusarono di essere fascista. Anche come fascista me la passavo decisamente male. È vero che erano quasi passati i tempi in cui “uccidere un fascista non è reato”, ma bisognava in ogni modo stare attenti …
... rimpiangevo i tempi di quando era un semplice qualunquista. Ora a dire la verità i qualunquisti stavano proprio bene, avevano acquistato una dignità filosofica e letteraria, andavano a braccetto con gli scettici e gli epicurei, con i lirici ed i naïf. Il loro parere era richiesto e ricercato, essi erano l’uomo qualunque, il vicino della porta accanto, la persona normale, i super partes. Io invece ero costretto a nascondermi e per lunghi periodi me ne stavo occultato, ignorato da tutti … ma all’improvviso mi tiravano fuori dal guscio e mi crocifiggevano, qualcuno mi scagliava un po’ di pietre, mi sputavano addosso e tutti i problemi nazionali erano risolti.
Io cercai disperatamente di togliermi quel marchio di infamia senza riuscirci: dovevo rassegnarmi ad essere fascista. Mi ero accorto, intanto, che ero diventato importante e mi si voleva bene, come una tigre bianca, come il panda gigante: una specie da conservare. Non volevano la mia morte, non volevano che fossi dimenticato e tante volte mi hanno tirato fuori dal dimenticatoio in cui ero precipitato e rinvigorito con chiacchiere e discorsi che quasi nessuno più capiva. Gli ero comodo … ero un simbolo, il simbolo del male, da tirare fuori quando per loro le cose si mettevano male e bisognava gettare polvere negli occhi degli utili idioti. Era in questi momenti che si ricordavano di me, mi tiravano fuori del loculo e mi davano in pasto alla folla che, come duemila anni prima, reclamava Barabba libero.
Il tempo, però, sbiadisce i ricordi … caddero i muri, caddero gli idoli. Qualcuno disse che Dio era morto, che anche Marx era morto, che Franco era morto, tutti erano morti e se qualcuno non era ancora morto, era soltanto una mummia vivente. Tanti si erano stancati di riesumare i soliti cadaveri; qualcuno mi invidiava la qualifica di fascista e sempre di più erano quelli che ritenevano si stesse meglio quando si stava peggio. E così era successo che, a furia di demonizzarlo, avevano esorcizzato il fascismo … senza volerlo, mi ero praticamente riabilitato.
E fu allora che mi appiopparono un marchio nuovo, quello che ancora oggi mi porto addosso: razzista. Mi abituerei pure a questa nuova qualifica, solo sapessi di cosa mi si accusa. So solo che, se apro bocca per parlare di qualcuno che non sono io, sono tacciato di razzismo: è il mio comportamento che è sospetto.
Il fatto è che sono un gretto egoista e meschino e non vorrei farmi derubare da chi crede che il prossimo che lo circonda stia lì a lavorare ed a produrre per i ladri e gli scansafatiche. Così avviene che se vedo due o tre zingari (piccoli o grandi che siano, non importa) che stanno salendo sullo mio stesso vagone della metropolitana o sullo medesimo tram dove sto salendo io, sempre affollati fra l’altro come carri bestiame, istintivamente ho paura per il mio portafoglio e maledico chi non solo non prende provvedimenti, ma, al contrario, protegge, tutela e incoraggia nel loro agire chi si dichiara nomade ed invece sta fermo per anni, chi pretende tutti i diritti e non conosce doveri, chi sporca, sfrutta, ruba, chiede, pretende tutto ed in cambio dà solo problemi. Sono del parere che i nostri governanti dovrebbero rispondere del reato di istigazione alla delinquenza …
... è proprio qui che mi sbaglio! Bisogna rispettare la cultura e le tradizioni altrui, bisogna essere democratici, pluralisti, buonisti. Lo zingaro non fa altro che vivere secondo la sua cultura e le proprie tradizioni più antiche. Quindi è giusto che viva di elemosine, maltratti i suoi figli, li faccia vivere in uno stato di schiavitù, nella sporcizia, nel malessere, in modo da impietosire quelli che sono per tradizione i suoi fornitori di benessere, le vacche da mungere. Non capisco che è cultura, che è tradizione antica il vivere di furti, di espedienti, di elemosine, di accattonaggio. Bisogna fare le elemosine, lasciarsi derubare e in ogni caso non rompere i coglioni con lamentele e proteste! Dovrei capire per prima cosa che uno zingaro non è uno zingaro, ma, al limite, “un esponente girovago di etnia rom”, secondo un’odierna, politicamente corretta definizione, e poi che per lui l’uomo bianco è stato creato dal buon Dio per il suo benessere, allo stesso modo della pecora e dell’albero. Per questo o dà le elemosine con le buone o con le cattive si faccia derubare; in ogni caso l’una non esclude l’altra ... non facciamo i pignoli!
E questo il mio errore di fondo: pretendere che il nomade di etnia rom faccia il nomade; che rispetti le regole del vivere civile e della società se vuole smettere di fare il girovago e lavori e mandi i figli a scuola e via di seguito. Non riesco a capire, nella mia grettezza e nella mia ignoranza, che si può togliere il figlio ad un italiano perché non riesce ad assicurargli un minimo di benessere, perché gli dà uno schiaffo o anche troppa cioccolata, ma bisogna lasciarlo allo zingaro che lo fa vivere nell’ignoranza, nello sporco, in ambiente malsani da ogni punto di vista, addestrandolo al furto e all’accattonaggio.
Questo è rispetto per le tradizioni e per la cultura popolare, questa è democrazia, questa è civiltà.
Mi conforta, e mi aiuta a capire i miei errori, questo simpatico articolo trovato su “La Nuova Graticola” di Marzo 2001 (pagina 8) dal titolo “Culture Nomadi”. Ritengo sia il caso di leggerlo. Culture nomadi – Chi è stanco di vivere la realtà cittadina, con i suoi problemi di traffico, spaccio e caos, può scegliere di spostarsi nella ridente periferia di Battipaglia. La dolce melodia della statale 18 e la veduta della cattedrale dello stadio-comune sono, da alcuni anni, accompagnate da una sorta di mostra perenne di una cultura, quella nomade, giustamente salvaguardata dal nostro sindaco.
Perché, infatti, fare un emendamento che ne vieti la permanenza nelle aree urbane, quando questa gente ci dà, e gratis, la possibilità di farsi conoscere ed apprezzare? Vive nella più assoluta mancanza di igiene, sporca per lasciare traccia del suo passaggio e prende in prestito senza restituire. E l’apprezzi ancora di più se dai uno sguardo alle loro auto di grossa cilindrata, alla parabola che hanno sulle roulotte e se pensi che non pagano le tasse. Insomma, ROM docet. Basta con le tasse, le imposte comunali, le battaglie politiche e gli scioperi. Abbiamo la chance di un gemellaggio, di uno scambio culturale che non possiamo rifiutare. Loro ci insegneranno a mettere in moto senza le chiavi e ad entrare senza suonare il campanello, e noi risponderemo fieri e contenti alle loro legittime domande sul sindaco, loro mito e protettore. È bello fondersi nella cultura, non trovate?”
Che ti devo dire, mio caro quasi compaesano? Hai ragione, mille volte ragione. Siamo noi, io e te e pochi altri razzisti che non capiamo le fortune che ci capitano.
E sicuramente troverò il solito parolaio pronto ad affermare che, se non mi sta bene questa situazione, me ne dovrei “andare nella casa del grande fratello” … fosse per me andrei davvero a fare il romito “’ncoppa Santermo”.
Io sono egoista a non capire e a non volere determinate cose, mentre gli altri sono buoni, generosi e solidali. Che poi queste anime belle e pietose si fanno assegnare stanziamenti milionari o miliardari per fantomatiche “scolarizzazioni”, per assegnare case, per pagare purché non si dedichino al furto … questi sono dettagli insignificanti. Le anime belle e buone utilizzano quei soldi fino all’ultimo centesimo per le opere cui sono destinati, anzi spesso e volentieri ci rimettono di tasca propria. Sono io che nella mia meschinità penso che è grazie a quelli che si impinguano i loro conti in banca … ma anche se fosse davvero come penso io, cosa vuol dire? È il conto da pagare a chi lotta per la democrazia, per l’uguaglianza, per il pluralismo, per le culture e le altrui tradizioni.
Quindi, nell’attesa che decida di farmi derubare senza brontolare, di fare l’elemosina a tutti gli accattoni e considerarli come espressione di una nazione democratica e civile, o almeno come un aspetto folcloristico del nostro paese, nell’attesa di questa mia conversione, è giusto che sia accusato di bieco razzismo, di inciviltà, di meschinità.
Certo non è che sono tanto fortunato e le occasioni per cancellare l’accusa di razzismo non me ne capitano mica tutti i giorni.
In ogni modo sto incominciando a capire e in alcune situazioni saprei anche come comportarmi. Pensate un po’ alla fortuna che ebbe quel giocatore di calcio del Bari che si beccò uno sputo in faccia da un altro, giocatore di calcio anch’egli, ma del Torino. Quest’ultimo ha la fortuna ed il merito di essere negro e quindi in Italia determinate cose gli sono, o almeno gli dovrebbero essere, concesse per risarcirlo da un triste passato. Il fatto è talmente scontato che è inutile parlarne. Ora vi sembra logico e sensato il comportamento, la reazione del giocatore barese e del suo allenatore? Siete impazziti per caso? Un negro ti sputa in faccia e tu cosa fai? Invece di gioire e ringraziare il padreterno per l’opportunità che ti ha dato, cosa fai? Protesti? Allora sei cretino! Cretino e razzista! E tu che sei l’allenatore, invece di fargli capire che ha avuto fortuna a ricevere uno sputo in faccia da un negro, cosa che non capita a tutti e tutti i giorni, che fai? Gli dici da lavarsi la faccia perché potrebbe prendersi una malattia infettiva? ... Allora vuoi la guerra!
Ed infatti giornali e televisioni, giornalisti progressisti e gente di spettacolo, gente che di solidarietà se ne intende e che di solidarietà campa, subito hanno redarguito quel razzista del giocatore del Bari! Prova tu, gli hanno detto, ad avere alle spalle antenati poveri e schiavi, secoli di miseria e di sfruttamento! Prova tu ad andare a vivere in Africa, dove si muore di fame! Prova …
.... un momento! Fermi tutti … alt … Che cazzo dite? Quel giocatore non vive in Africa e sicuramente non si muore di fame, anzi percepisce uno stipendio che tantissimi di quegli sfruttatori, razzisti e schiavisti di italiani gli invidiano! E si permette di sputare in faccia agli avversari? Volete proprio giustificarlo? E va bene! Ha sputato in faccia ad un avversario perché è un incivile e degli antenati e della sua terra gli è rimasto nell’animo quello che di peggio esisteva: l’essere selvaggio.
E mi piacerebbe sapere una cosa: se a ricevere uno sputo in faccia fosse stato uno dei giornalisti che lo ha difeso, cosa sarebbe successo? Non ho dubbi: la solidarietà sarebbe andata a farsi fottere e sarebbero stati cazzi amari per il povero negro … tutto il resto sono chiacchiere!
Questo lo scrisse Rasce
Anonimo Olevanese da piccolo osserva il mondo
Torna a sull'oggi e sul domani oppure vai a tassiamo il tassabile