Alle Crociate

Da Pklab.

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ALLE CROCIATE

Spur Rasnal 21 novembre 2001

L’attentato terroristico di qualche mese fa che ha causato la morte di migliaia di vittime innocenti, ha dimostrato, se ancora ce ne fosse stato bisogno, la validità delle crociate. A chi provoca morte e terrore in nome di un dio o di una guerra santa ordinata da pazzi fanatici o astuti calcolatori, bisogna rispondere con energia, con fermezza, senza farsi intimidire dai falsi moralisti, da mode terzomondiste o da fiancheggiatori bugiardi fin dentro le ossa. È proprio della natura, anzi della specie umana: l’istinto di sopravvivenza. Non si può lasciare campo libero a chi ha giurato di ucciderci, di sottometterci, di schiavizzarci. Troppi sono ormai coloro che considerano il nostro Paese terra di conquista, trampolino di lancio verso la conquista del mondo. Non sempre la tanto vituperata America (intesa come Stati Uniti) potrà fermare il male ed in ogni modo non sempre potrà farlo da sola, osteggiata da coloro che aiuta e protegge.

Le dissero di fermare gli imperi centrali … ed essa li fermò; le fecero intendere che il nazismo era il male da eliminare … ed essa lo sconfisse; si accorsero che il comunismo avrebbe distrutto il mondo ed essi bloccarono il comunismo. È tempo, però, che la gente capisca e si aiuti da sola. Per questo dobbiamo armarci e partire per le crociate e se non vogliamo seguire Pietro l’Eremita, allora arruoliamoci nelle truppe di Goffredo di Buglione, oppure imbarchiamoci sulle navi veneziane per ricostruire l’impero latino. Ognuno sappia, però, che è suo dovere partire per le crociate, difendere il santo sepolcro, la terra santa, la sua libertà. Come tanti secoli fa, stiamo subendo l’invasione di chi vuole sottometterci in nome del suo dio, per imporci la loro religione ed i loro usi, le loro leggi ed i loro costumi. Già da tempo sono scomparsi il grande Ezio, che non temeva neppure il flagello di dio, e l’implacabile Stilicone; purtroppo non c’è più Carlo Martello che per primo fece assaggiare l’amaro sapore della sconfitta e capire che aria tirava da queste parti, né il figlio Pipino o il grande Carlo; non ci sono più, per restare nel personale, i miei cari, vecchi Etruschi che, dopo aver pazientato forse per troppo tempo, armarono le loro navi e cacciarono via una volta per tutte i pirati focesi, distruggendo le loro navi, lapidando i prigionieri e facendo capire a tutti che il sacro suolo dell’Etruria era inviolabile. Allora era dignitoso vivere: pace, tolleranza, ma anche fermezza. I miei Etruschi non sono riusciti a fermare gli invasori, ma non si sono calati le brache davanti a nessuno: Veio fu distrutta dopo dieci anni di assedio, ma inflisse al nemico più danni di quanti ne subisse; il sangue degli Etruschi che lottavano per la loro terra arrossò il fiume portando la notizia di una grande battaglia, purtroppo perduta. Si potrebbe continuare: i miei padri furono distrutti fisicamente, ma hanno lasciato un’eredità di valore e di coraggio, e, soprattutto, di dignità, cosicché la loro civiltà poté conquistare coloro che li vinsero.

Chi abita oggi la penisola italica non è figlio del glorioso popolo Tirreno del quale ha forse ereditato solo qualche difetto, ma non discende neppure dal pugnace popolo romano. Sanniti, Volsci, Umbri, Irpini e quanti altri avete calpestato queste terre dove siete andati? Chi ha preso il vostro posto? Gente indegna della vostra gloriosa eredità!

Ora ci sono i fiancheggiatori di questi antichi e nuovi invasori, una quinta colonna che grida allo scandalo quando qualcuno, interpretando probabilmente il pensiero della maggioranza della gente comune, dice che siamo giunti allo scontro con civiltà inferiori … perché? Non è forse vero? Esiste per caso una civiltà superiore a quella europea, a quella occidentale, erede di quella greca e di quella latina? Ho sentito dire che questa o quella è una gloriosa civiltà? Ho sentito magnificare la civiltà del incas, degli atzechi e tante altre. Ma mi faccino il piacere!… direbbe il grande Totò! Nessuna civiltà, pur rispettandole tutte, può competere con la nostra che ha sfidato i secoli e continua ad illuminare la terra.

I soliti parolai non hanno perso tempo per imbastire i loro inutili discorsi, per dare fiato alla bocca e qualche coglione è arrivato a dire che esiste una civiltà superiore a quella occidentale. Qui si sta perdendo il senso della misura! Stiamo scherzando? Ci andassero loro a vivere in quella civiltà che tanto stimano e tanto apprezzano, ma ci andassero senza la protezione della ricchezza italiana, delle leggi italiane, della cittadinanza italiana. Io non ci vorrei vivere!

Mettiamo in ogni modo i puntini sulle “i”.

Cosa hanno prodotto queste civiltà che vogliono paragonarsi alla nostra? Questo lo ignoro! Si potrebbe dire parafrasando un famoso spot pubblicitario. Chi potrebbe essere accostato ai grandi filosofi greci e latini, agli umanisti, ai nostri pensatori? Santi dei! Perché si è così provinciali, vinti dal gusto dell’esotico, convinti che sia segno di classe il ritenere grandezze quello che è manifesta inferiorità? Quando gli Incas, gli Aztechi ed i Maya dipingevano le loro ciotole di terracotta, noi eravamo in pieno Umanesimo, avevamo artisti e geni del calibro di Michelangelo, Leonardo, Pico della Mirandola, per citarne solo alcuni. Quelle stesse ciotole sul nostro suolo erano dipinte molto prima che il glorioso popolo etrusco vi portasse la civiltà … ma non è questa la sede per parlare di superiorità o inferiorità delle civiltà. Questo dovrebbe essere chiaro a tutti anche se (per motivo diversi) nessuno vuole ammetterlo. Il fatto è che, volendo a tutti i costi livellare (verso il basso) la gente, si perde di vista la realtà. Non siamo tutti uguali! Questa affermazione è talmente ovvia e scontata, eppure fa gridare allo scandalo. Perché? Ve lo dico io: chi grida allo scandalo è peggiore di chi lo scandalo sembra averlo creato, è in cattiva fede o, come si dice in gergo, ha la coda di paglia. Se io scrivo cattive poesie, posso aspirare a ricevere la corona di poeta, il premio Nobel per la letteratura? No! Non lo posso ricevere (e non me lo daranno mai) perché sono inferiore ai poeti ed ai letterati. Non c’è da offendersi, non c’è da meravigliarsi. Non mi vergogno di affermare che sono inferiore ai campioni di rugby, agli incursori ed ai parà, sono inferiore agli artisti, agli avvocati ed agli scienziati, ai generali ed agli ingegneri. Perché sono inferiore? Perché non produco e non faccio niente che mi metta al loro livello! Ed allora perché considerare tutte le civiltà uguali alla nostra, pena l’accusa di razzismo? In che cosa sono al nostro livello?

Provate a parlare con un immigrato … ha subito imparato la lezione! È diventato improvvisamente un pluralista, un democratico, un tollerante e via di seguito. Siamo tutti uguali, egli vi dirà, tutti figli di Dio. Si, ma di quale Dio? Ovvio, dell’unico Dio che esiste, e cioè del suo. (Se non credi nel suo Dio meriteresti di morire; ti salvi solo perché ti trovi in Italia dove, almeno per il momento, ma non per sempre, si può credere nel Dio che si vuole). Il progredito immigrato che viene in Italia vuole pregare il suo Dio e costruire il suo luogo di culto; chiede, vuole, pretende questo ed altro in nome della libertà religiosa, della liberta di pensiero, della dignità umana, dei principi di uguaglianza e menate varie. E se io vado nel loro paese, posso, in nome della stessa libertà, crearmi una piccola nicchia e metterci la statua di Santa Lucia, protettrice della vista? Manco per il cazzo! Come minimo verrei frustato, imprigionato, lapidato! E questa la chiamate civiltà? Concedere agli altri la stessa libertà che chiedono di avere in Italia? Vengono in Italia e commettono delitti impunemente, mentre nel loro paese viene loro mozzata una mano, vengono impalati, subiscono il carcere duro? Non solo … pretendono l’impunità per tutto e se qualcuno osa protestare … subito si nascondono dietro le sottane della mamma, dell’anti-razzismo, dietro ai “sono un povero immigrato”. A tal proposito, qualche tempo fa, ho assistito ad episodi emblematici. Un mattino mi trovavo sul pullman, normalmente affollato, diretto a Roma; ricordo bene che c’era anche Ferdinando. Ad un certo punto due persone vengono a diverbio: uno dei due è un bianco, l’altro un immigrato negro, forse clandestino. Non feci caso a chi avesse ragione … su un pullman affollato i diverbi sono all’ordine del giorno (per questo cerco di prendere sempre il treno). È normale sentire : “questo posto è occupato”, “ero andato a timbrare il biglietto”, “i posti si occupano solo a teatro”, “si sposti”, “si stringa”, “non mi tocchi”, “non mi guardi”, “faccia da perno”, “faccia da pirla”. In ogni modo, quando le acque si furono calmate, si udì chiaramente il negro mormorare (neppure tanto a bassa voce): “Italia di merda”.

A queste parole, un altro passeggero, rimasto fino a quel momento del tutto estraneo al litigio, offeso nel suo orgoglio di cittadino italiano, si alzò in piedi e lo redarguì:

  • Non ti permettere più di parlare così dell’Italia. Nessuno ti ha chiamato qui e se non ti piace, torna pure in Africa!

A queste parole un altro negro, anche lui rimasto estraneo al litigio di prima, si alza e con il tono di un novello Masaniello grida:

  • Non devi parlare così! Noi siamo tutti uguali; anche se abbiamo la pelle diversa, abbiamo lo stesso sangue.

Il signore che aveva difeso il buon nome dell’Italia ribadì il concetto che non bisognava offendere gratuitamente l’Italia, soprattutto perché nessuno aveva accusato di merdaggine i negri o l’Africa, per razza o provenienza … non ci furono santi. Il secondo negro continuò nel suo piagnisteo, nel suo piangersi addosso, nel suo sentirsi offeso, nel lanciare accuse di razzismo. Lascio perdere i commenti delle persone. Dopo un po’ si cominciò a sentire frasi come: … “In fondo ha ragione! Perché? Che ha detto di male? Poveracci!”

Stronzi! Così vanno le cose: il negro piu offendere impunemente la tua patria, rivolgerti parolacce, ingiuriarti, denigrarti, offenderti, ma se tu osi protestare … allora sei razzista e tanti stronzi li spalleggiano pure.

In un’altra occasione mi trovai in una pizzeria. Un immigrato, dopo aver mangiato fece per andare via … senza pagare, ovviamente. Quando il pizzaiuolo gli chiese di pagare, quello, con aria strafottente, gli domandò:

  • Perché? Altrimenti cosa fai?
    * Se non paghi chiamo i carabinieri – fece l’altro avvicinandosi al telefono.
    * Ed allora eccoti un gettone! Credi che ho paura dei carabinieri? Anche se mi arrestassero, domani mattina sarei in ogni caso fuori.

Non so come finì la faccenda perché usci dal locale non avendo voglia di assistere ad eventuali risse, ma tornando a casa riflettei molto su quanto era accaduto.

Razzismo? Chi o cosa fomenta o alimenta il razzismo?

Buonismo? Ha ancora senso la carità pelosa, il falso moralismo?

Terzomondismo? Ospitalità? Accoglienza? Bah! Speriamo di non fare la fine della vipera e del riccio.

È di Rasce anonimo_olevanese.jpg

Anonimo Olevanese da piccolo osserva il mondo

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