Tatilleide

Da Pklab.

Revision as of 17:24, 17 Dic 2007; view current revision
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LA TATILLEIDE

ossia

LA GUERRA DI TATILLO

Dopo l'Iliade (la guerra di Ilio) di Omero, dopo l'Odisseide (le vicende di Odisseo) di Omero, dopo l'Eneide (le vicende di Enea) di Virgilio, dopo la Tebaide (la guerra di Tebe) e l'Achilleide (le vicende di Achille) di Papinio Stazio, l'Anonimo Olevanese presenta la Tatilleide che potremmo tradurre con "La guerra di Tatillo" oppure con "Tatillo va in guerra", le vicende del mitico Tatillo.
Della Tatilleide ci sono rimasti solo dei frammenti che riportiamo nella traduzione di Totonno 'o gnurante.
Alla stessa non si ritiene di dover aggiungere alcun commento, ma ognuno può leggere questi versi come meglio gli aggrada ...

"Cantami o diva del prode Tatillo
l'ira funesta che in finiti lutti
addusse a chisto e a chillo
praticamente a tutti"

(..... grave lacuna ....)

Lo guardò torvo e gli disse Tatillo:
Chitemmuort, guardate a chillo
per odio degli austriaci qua non venni
nè lasciai le ombrose valli perenni
e nemmeno per gli affari tuoi
lasciai nella Serra la pariglia di buoi

(............. lacuna ........)

Di furore infammarono l'animo di Tatillo queste parole
ma dal cielo scese l'Arcangelo San Michele
e solo a lui era manifesto
cosicchè Tatillo lo riconobbe presto
e gli disse: San Michè guarda a cchist
sceppa 'e mazzate pure da mano a Ccrist

(...........lacuna .............)

Oltre ai frammenti dell'opera originale, abbiamo un'epitome riportaci da Totonno 'o gnurante ed un riassunto in prosa di Runato 'o ciuccione che riportiamo integralmente....

Table of contents

PROLOGO

La guerra stagnante di trincea, che per mesi aveva impegnato il nostro esercito contro forze meglio armate e sicuramente più potenti, prese una brutta piega. Improvvisamente il nemico, appoggiato dai suoi alleati, organizzò una poderosa offensiva che in breve tempo travolse le nostre truppe. I nostri soldati sbandarono, indietreggiarono paurosamente, incalzati da un avversario tanto potente quanto borioso e tracotante. Più che una ritirata, quella dei nostri militari fu una rotta bella e buona, una vera Caporetto. Inseguito da un nemico inarrestabile, solo alla vista di quello che fu poi definito il fiume sacro, il nostro esercito si arrestò.
Per arginare la furia nemica, la Patria aveva bisogno di un miracolo. Furono allora chiamati alle armi i giovani della classe “99”, quelli che meritatamente saranno poi soprannominati “i ragazzi del 99”…. Ed i ragazzi del 99 compirono il miracolo: il nemico fu fermato, la sua carica spavalda esaurita, la Patria salva.
La guerra, però, non era affatto finita; il nemico era ancora sul nostro sacro suolo e lo si poteva vedere al di là del fiume. La Patria ancora una volta chiese un sacrificio ai suoi figli … a questa chiamata rispose la classe più giovane, quelli che potremmo definire “i bambini del 900”, molti dei quali, infatti, erano ancora imberbi.

CHIAMATA ALLE ARMI

La cartolina precetto raggiunse Tatillo mentre, come un moderno Cincinnato, stava arando il suo campicello con la sua pariglia di buoi.
Alla vista dei gendarmi, non prevedendo nulla di buono, Tatillo pensò di darsi ad una rapida, anche se ignominiosa, fuga. Poi, consapevole della propria innocenza e di una moralità da fare invidia all’antico Catone il Censore, li affrontò a piè fermo. Cosa potevano volere da lui?

- L’Italia ha bisogno di te! – gli disse uno dei due.

Tatillo rimase un po’ perplesso. Egli aveva una buona memoria, ma non ricordava nessuna vicina, né del campicello, né della sua borgata, che avesse tale nome. Poteva, forse, essere qualche signora di Montecorvino o addirittura di Acerno? E se così era, di che aveva bisogno? Che poteva volere da lui? Forse le serviva qualche giornata di lavoro con i buoi? E per chiedere questo si rivolgeva addirittura ai carabinieri. Così pensava Tatillo …

- Io non conosco nessuna Italia – rispose Tatillo – Forse avete sbagliato persona. Comunque adesso ho da fare e quindi non posso andare ad aiutarla. Devo arare il mio campicello, poi devo zappare, potare, irrigare, fare un “murregine” (un muretto – nota di Runato ‘o ciuccione), poi devo dare da mangiare ai maiali, alle galline … mi dispiace. Iatevenne a nata parte!

I gendarmi non si fecero condizionare dalla ferma risposta di Tatillo e gli lasciarono la cartolina precetto. Bofonchiando parolacce e già temendo la reazione dell’augusto genitore, Tatillo tornò a casa di cattivo umore, ripensando a quello che gli era successo ed a quello che lo aspettava: la guerra.

Tatillo giunge al C.A.R. (Centro Addestrramento Reclute)

Giunto al C.A.R., a Tatillo fu data una divisa che gli andava troppo grande, un paio di scarponi (anch’essi leggermente grandi) e un ordine: marciare. Divisi in plotoni agli ordini di un caporale che si credeva Napoleone, le reclute praticamente trascorrevano la giornata a marciare: avanti marsh, attenti a …, sinistra, destra, passo, cadenza … Quasi quasi era meglio andare in guerra e sperare in un pio colpo di fucile nemico che stare a soffrire sotto i comandi di un comico caporaletto afflitto da mania di grandezza.
I militari non parlavano tra di loro per timore di eventuali spie, ognuno temeva l’altro e gli amici erano più spietati dei nemici.
Una sera in mensa Tatillo sentì un rumore, anzi un fruscio sotto al tavolo. Si piegò per vedere meglio e, sorpresa, scoprì un bel micino che mangiucchiava gli avanzi della cena che cadevano per terra.
- Finalmente un volto umano – mormorò Tatillo, rincuorato da quella vista.

LA RACCOMANDAZIONE

L’augusto genitore di Tatillo si accorse di non poter fare a me del figliolo e così decise di ricorrere all’italica risorsa della “raccomandazione”.
Si presentò così dal D(*)S(*)(*) suo vecchio compagno d’infanzia.

- Come va? La famiglia? I figli? – il generale lo accoglie con la cordialità di sempre.
- Bene! – risponde il contadino – Tatillo lo hanno chiamato … Sta a Roma … Certo che se lo mandavano a Salerno o a Persano … mica puoi fare qualcosa? - E adesso me lo dici? Meno male che ci siamo incontrati! Ci penso io. Domani faccio una telefonata e lo faccio trasferire! – il generale aveva capito subito e tutto.
- Grazie generale! Per qualsiasi cosa ... a disposizione!

Trascorsero un paio di settimane, i due si incontrarono.
- Allora tutto a posto? – chiede il generale – Hanno trasferito tuo figlio?
- Per trasferirlo lo hanno trasferito – risponde il contadino – ma lo hanno mandato a Bologna!
- Come sarebbe a dire a Bologna? Allora quegli imbecilli non hanno capito un cazzo! Domani gli metto un dito in culo e li faccio girare come una trottola. Farò sistemare tutto, non ti preoccupare!

Il paese è piccolo ed ovviamente non passa molto tempo che i due si rivedono in piazza. Il generale, con aria voce allegra e l’aria del trionfatore, gli chiede:
- Allora?
- Tutto a posto! – risponde mogio mogio il contadino.
- E dimmi, dimmi: dove lo hanno mandato? A Salerno o a Persano? – il generale non si accorge dello stato d’animo del vecchio amico.
- NO. Lo hanno mandato in un altro posto … ma sta bene lo stesso. Mi ha telefonato proprio ieri sera … ha detto che a Portogruaro si trova benissimo e vorrebbe restare lì fino alla fine della guerra!

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