MAO 1 - La storia
Da Pklab.
PRIMO LIBRETTO DEI PENSIERI DEL MAO
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NOTA PER IL LETTORE
I testi ed i frammenti dei pensieri del M.A.O. pervenutici sono spesso lacunosi e corrotti. In sede di stampa, qualora non fosse stata possibile la ricostruzione, le parti lacunose, corrotte o mancanti, sono sostituite da un asterisco tra due parentesi. Ove possibile la ricostruzione, la stessa è messa tra parentesi.
Ogni riferimento a fatti o persone è puramente casuale.
Anno XXII dell’era del M.A.O.
Premessa
Per il lettore,
Nel momento in cui la grandi ideologie sono cadute e tutti sembrano cercare il compromesso con una corsa sfrenata verso il centro, potrà sembrare anacronistico questo libretto che si presenta in contrasto con l'attualità, ma in contrasto anche con ogni altra ideologia.
In ogni modo, dopo aver letto il "Libretto rosso dei pensieri di MAO", dopo aver meditato sul "Manuale delle Guardie Nere", mi sono detto (perché no?): perché non scrivere il "Libretto Grigio dei pensieri del MAO"?
Non è questo un libretto politico, non è un trattato religioso e neppure moralistico. Non ha nessuna pretesa di insegnare o di convincere né di correggere o confortare . Il contenuto di questo libretto non è altro che il pensiero di gente comune; è il frutto di secoli di esperienza; è la filosofia applicata alla vita di ogni giorno. Non si pretende di fare satira e neppure umorismo... o forse si vuole fare tutto questo? Bah!
Sorprendente, in ogni caso, è l'analogia dei pensieri del M.A.O. con più conosciuti e meglio pubblicizzati pensieri ed azioni di uomini e letterati di ogni tempo e di ogni parte del mondo. Già il sommo Archiloco di Paro, con parole più forbite e poetiche ("... Presso un cespuglio lo lasciai..., ma ho fuggito la morte. Vada in malora lo scudo, ne acquisterò uno migliore".) aveva espresso il pensiero di quell'Anonimo esponente del Mao (In tempo di cotogne, scappare non è vergogna).
E il "nun me ne 'ntrigo e nun me ne 'nfaccio" di Vito Capaccio non è forse la traduzione in parole del celeberrimo gesto del famosissimo Ponzio Pilato (me ne lavo le mani)?
Si potrebbe continuare ... Non c'è una strana rassomiglianza tra la vittoria di Gino Bartali (che fece abortire la rivolta in Italia nel 1948) con il "Signori: Io scopo", di quell’anonimo giocatore di scopone, che bloccò il tentativo di sommossa degli esponenti del MAO nel IV anno dell'era del M.A.O.?
E poi... c’è da dire che alcune frasi pronunciate da determinate persone assumono significati diversi se messe in bocca ad altri, lo stesso dicasi per le azioni. Accade così che se un siciliano dice “minchia” la parola è volgare; se un giornalista, invece, chiama “membri” addirittura gli esponenti del governo è senz’altro un uomo colto …. Eppure entrambi hanno detto la stessa cosa. Non abbiamo inventato niente: già i greci, infatti, dicevano che: "tutto è giusto agli occhi di Dio, ma è poi l'uomo che divide in buono e cattivo, in giusto e ingiusto, in bello e brutto”.
In questo libretto, per concludere, si troverà ciò che resta della cultura e della filosofia del MAO.
Ma cosa è (o meglio era) il MAO?
Nascita del MAO
Il M.A.O. (Movimento Autonomo Olevanese), benché in antagonismo con il governo centrale, fu soprattutto un fenomeno culturale e filosofico sorto nell'anno 0 dell'era del MAO, quando correva l'anno 2813 dell'era volgare, quando eponimo era Mangione 1° e quando si era in piena "Vacazio Lucumonis". In quel tempo la costellazione del Gallo lasciava il posto a quella della Mucca, mentre già si avvicinava la ben più nefasta costellazione del Verme. Strani segnali precedettero l'ingresso della nuova era: per una settimana si udirono grufoli e rutti; i grandi sacerdoti annunciarono che un'epoca stava per finire.
Il Tuscio ed i suoi amici
Il MAO, dunque, sorse ad opera di un ex agricoltore, ex muratore, ex avvocato, ex insegnante di scuola elementare, ex gesuita, ex imbianchino, ex mercenario, ex disoccupato, ex agente di commercio, ex predicatore, ex elettricista, ex pedagogo, ex lavapiatti. Alcuni dicevano che questi era un ubriacone, altri, invece, invece sostenevano che fosse un novello Catone il Censore, un morigerato osservatore della morale; c’era chi lo diceva un impenitente puttaniere e chi lo riteneva frocio. Quale era la verità? Io so da fonte degna di fede che alcune maldicenze sul suo conto erano sorte dall’errata interpretazione di alcune sue frasi come: “Amo la donna come Uomo” oppure la più famosa “E’ facile fare il frocio con il culo degli altri” e soprattutto “della donna si può dire che non mi piace niente, solo il buco”. Qualcuno sospettava che si drogasse. Probabilmente aveva capelli e barba lunga, ma alcuni giurano che era pelato, mentre altri sono sicuri che avesse i baffi corti. C'è un po' di confusione al proposito. Di lui non ci è pervenuto nulla, neppure nome e cognome, ma solo il nome di battaglia, un nome che era tutto un programma e che gli fu attribuito certo non dai suoi amici: "Tuscio". L'origine di questo soprannome è presto spiegata. Ai suoi tempi accadeva spesso che i forestieri, più che con il nome di battesimo, venivano identificati con il paese o la città di origine: 'o campagnese, 'o vattipagliese, 'o ievulese, ‘o cernese, ‘o muntellese, ‘o romano e via discorrendo. Invece, stranamente, il nostro (eterno straniero in ogni patria) veniva identificato con il nome del fiume olevanese e così era nominato il "Tusciano"; successivamente abbreviato in "Tuscio" ... l'ultimo! Sicuramente lo davano per uomo di cultura ed infatti possedeva un numero incredibile di diplomi ed attestati. Tra questi suo vanto e fiore all’occhiello erano la laurea in “Fasti e vestigia classiche” e soprattutto il diploma in “manovalanza edile” che egli sfruttò per sopravvivere nel tempo in cui preparava la guerra santa.
Era chiaro fin dalle origini che il M.A.O. non avrebbe avuto vita facile.
Fu soprattutto sul suo fondatore,però, che si abbatterono le critiche più feroci e le più spregevoli maldicenze, a volte solamente insulti. Ma egli era sereno, era libero e la sua mente non veniva minimamente toccata da quelle critiche distruttive che pure gli venivano lanciate.
Venne accusato di qualunquismo (accusa da far ridere i polli se lanciata ad uno che si era vantato da sempre di essere un uomo qualunque), di essere drogato (ma la sua unica droga erano le sigarette ed il caffè), pazzo, ma altri, sicuramente non di parte ed in tempi non sospetti, ammettevano che era un genio (anche se un po' sregolato).
Era diventato un mito e la sua fama lo precedeva. La gente ne parlava con un timore riverenziale. Lo vedevi arrivare con la sua inconfondibile camicia grigia, spesso in compagnia dei suoi famigerati compagni di ventura. Tra questi qualcuno ricorda ancora il famoso Cacciacarne, il mitico "Bifolco" o il celeberrimo "Verme Amaro"; non è giusto, però ignorare "Doppio Rhum" ed i gemelli detti "San Rocco e la Peste"; altri ancora diventarono famosi in tutta Italia come il trio (si diceva immortale) composto da "Tizio, Caio e Sempronio" o l'inseparabile duo "Pinco" e "Pallino" e neppure si può dimenticare il filosofo del gruppo (si diceva di origini greca), l'indimenticabile "Carneade".
Un giorno il Tuscio incontrò una ragazza che non lo conosceva e cominciarono a chiacchierare. Quasi subito il discorso cadde sul fondatore del MAO e la ragazza gli chiese se per caso l'avesse mai incontrato. Alla risposta: "Sono io!", sul viso della poveretta comparve un lampo di delusione .... l'aveva sicuramente immaginato alto, bello, elegante ed invece si trovava di fronte una specie di pirata: barba e capelli lunghi e spettinati, pantaloni sdruciti e camicia grigia con le maniche arrotolate, claudicante. E la ragazza sussurrò: "Credevo che chi eri!". Imbecille! Chi volevi che fosse? Un personaggio delle tue fiabe da bambina? Come la deve fare uno la rivoluzione? In frack?
Splendore del MAO
Comunque, benché osteggiato da tutti, il M.A.O. si diffuse a macchia d’olio e l'anno successivo raddoppiò il numero degli adepti, infatti al Tuscio si aggiunse un altro. Purtroppo il M.A.O. si divise subito in due correnti, preludio del disfacimento dello stesso movimento.
L'ultimo sussulto, infine, si ebbe con l'"Immobilismo Olevanese", corrente di pensiero che ispirò il M.A.O. negli ultimi tempi.
Nel momento di massimo splendore, il M.A.O. divenne il faro della cultura olevanese e da movimento di protesta, passò ad essere movimento di proposta. Così nelle strade, accanto ai soliti cartelli: Via Gramsci, Via Togliatti, Via Matteotti, Via Cavour e via di seguito, fu tutto un fiorire di nuove proposte. Si ebbero così: Piazza Settimio - Poeta, Piazza Donato - Caporale Maggiore, Piazza Totonno - Disoccupato, Piazza Giuseppe S. - Barbiere, Piazza Donato S. - Ciabattino, Piazza Carlino C. – Contadino; Piazza questo; Piazza quello; Piazza un po’ tutti … e via di questo passo. I latini avrebbero detto “Piazzare necesse est” ... ed in un periodo di grande disoccupazione disoccupazione la cosa mi sembra davvero degna della massima considerazione e di vivo apprezzamento.
Al M.A.O. aderirono molti gruppi e movimenti che rivendicavano una concezione di vita diversa e maggiore autonomia dalle autorità centrali.
Notevole fu lo sviluppo in tutti i settori della vita civile. In letteratura si ebbero capolavori come: "Giambi e coliambi", di chiara ispirazione ipponattea; "Storie e leggende" di ispirazione popolare; "L'altro vangelo" e " "Le beatitudini" di concezione religiosa, "Biologia" che racchiude il pensiero scientifico del Mao, "Dubbi" che tratta il pensiero filosofico, "Bernarda va alla guerra", un poema eroico-cavalleresco che avrebbe fatto invidia alla Gerusalemme Liberata e all’Orlando il Furioso messi insieme, “Donne e Motori”, sulla vita di ogni giorno, “I piaceri della vita” e “I dispiaceri della vita”, libretti socio-pedagogico-pratico, “Cazzate e fregnate”, una miscellanea delle cose più sagge e intelligenti dette da personalità della cultura e della società non appartenenti al MAO. Interessante è anche il saggio “La Politica”, il cui argomento è nel titolo stesso. Di tutto ciò sono pervenuti, purtroppo, solo frammenti, spesso corrotti.
Nel M.A.O. confluì, come forza dominante il “Qualunquismo Olevanese” i cui aderenti si vantavano di non avere titoli, di non ricoprire cariche, di essere uguali agli altri e dagli altri diversi. Erano contenti di essere se stessi, di essere nati, di lavorare, mangiare, bere, sudare, leggere, masturbarsi, scopare e poi morire. Non volevano essere santi, né poeti, né navigatori; non erano eroi, non avevano frasi famose da citare: erano uomini qualunque.
Quando il M.A.O. decise di presentarsi alle elezioni amministrative, il successo fu incredibile. Quell'anno si ebbero, infatti, i seguenti risultati: il M.A.O. ottenne il 99%, lo S.C.E.M.O. (che si presentò da solo) si fermò all'1%, il P.C.I. (che concorse anch'esso solitario) ottenne -18%. Le elezioni furono però annullate perché i risultati rappresentavano una pericolosa deriva plebiscitaria.
Il Tuscio era certo che prima o poi si sarebbe giunti allo scontro armato con l’esercito regolare; consapevole della scarsità di uomini e mezzi a sua disposizione, si adoperò per organizzare le sue legioni. Per risparmiare le già scarse munizioni, ebbe la brillante idea di costruire una mitragliatrice a colpo singolo, poi di trasformare la cavalleria in asineria (data la maggiore disponibilità di questo animale) e via di questo seguito. Geniale fu, però, la mossa di affidare le sue truppe al leggendario Tatillo, vecchio militare a riposo che aveva militato nell’esercito nazionale fino a raggiungere gli ambiti gradi di Caporal Maggiore e che si era ritirato nel suo campicello imitando il pur famoso Cincinnato. Del vecchio leone si ricorda soprattutto un famoso aneddoto: “Quando gli fu offerto il comando di un’armata, egli lo rifiutò dicendo: “‘Nce pàtm cà m’aspetta cu nu pàr r’ vuoie rà menà”! Tatillo accettò i gradi di generale offertigli dal Tuscio e organizzò le sue truppe; sconfisse in più riprese l’esercito avversario trascinando i suoi uomini alla vittoria e terrorizzando i nemici con il suo urlo di guerra: “Chitemmmmmuooooooooòrt”.
Tatillo, che per gli stessi storici di parte avversa gareggiava in abilità tattica e strategica con i più famosi condottieri della Storia, era probabilmente inferiore al solo Caio Mario, ma andava a braccetto sicuramente con geni del calibro di Giulio Cesare e Annibale. Purtroppo, dopo le brillanti vittorie iniziali, il suo esercito subì una sconfitta irrimediabile quando fu attaccato con armi nuove, per lui inconsuete: schiere di nemici si avventarono sui suoi uomini agitando onorificenze, titoli e denari.
Fu la rotta!
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