Un popolo di soldati, ....
Da Pklab.
GLI ETRUSCHI
UN POPOLO DI SOLDATI E MERCANTI
... l'Etruria fosse tanto potente che la fama del suo nome aveva ormai riempito non soltanto le terre ma anche il mare lungo tutta l'Italia dalle Alpi allo stretto di Sicilia (Tito Livio, Storia di Roma I, 2).
Tito Livio, il grande storico latino, non era certo uno studioso che aveva l’obiettivo di esaltare il popolo etrusco, uno dei popoli italici che per secoli e con più tenacia aveva combattuto contro Roma. In ogni modo, però, egli non poteva ignorare o tacere verità consolidate, e la sua affermazione, storicamente collocabile ai primi anni della fondazione di Roma, è molto importante ed è sintomatica di quale fosse la potenza etrusca sia sul mare sia sulla terraferma fin dai tempi più remoti. I Romani non sapevano ancora cosa ci fosse ad un palmo dalle loro capanne che già gli Etruschi erano arrivati nella pianura Padana, stazionavano in Piemonte, Lombardia e Veneto; avevano valicato le Alpi e commerciavano con le popolazioni dell'attuale Francia, Svizzera e Germania. Gli eserciti tirreni erano molto forti e già in possesso di tattiche militari in un mondo per il quale la guerra era ancora un modo in grande stile di menare le mani. I successi militari possono essere attribuiti in parti uguali agli armamenti (in particolare alla cavalleria ed ai carri da combattimento) ed a tecniche militari in loro possesso (alcune, in verità, apprese dai greci).
La fanteria etrusca, come gli stessi storici di parte avversa ci fanno sapere, era temibile: soleva marciare in falangi (come già i greci e poi i macedoni), un corpo strettamente serrato di uomini che avanzavano incitati dagli squilli delle trombe di guerra (le famose “trombe tirreniche”). I fanti, inoltre, affrontavano la battaglia con “un'arma segreta”: robuste scarpe di cuoio (le antenate dei nostri "anfibi") saldamente allacciate alle caviglie. L'importanza di queste scarpe è facilmente intuibile in quanto le guerre non si facevano solo con il bel tempo o su campi da gioco; con molta probabilità dovevano servire anche a sferrare poderosi calci al nemico nel momento in cui si arrivava al corpo a corpo. Una volta conquistata una città oppure occupato un territorio, gli Etruschi mostravano tutta la loro tolleranza ed apertura mentale, la loro intelligenza ed il loro senso di civiltà: niente sterminio di massa o inutili distruzioni, ma l'affermazione della loro supremazia attraverso l'imposizione di capi o di gruppi dirigenti e l'inizio di un fecondo scambio commerciale e culturale.
Questo nuovo modo di combattere il nemico e di far politica dimostra come l'etrusco, più che assetato di potenza e di dominio, fosse un popolo libero ed amante della libertà, un popolo abbastanza pacifico, propenso al commercio ed allo scambio culturale, sempre alla ricerca di nuovi mercati dove vendere i prodotti delle sue industrie e della sua terra, ma anche dove trovare gli oggetti che non possedeva e che potevano servire per condurre una vita comoda e lussuosa, con tutti gli agi e le comodità possibili, dimostrandosi sempre di più un popolo amante della vita. In questa ricerca era sostenuto da ferrei soldati.
La conquista dei territori nel periodo di massimo splendore non dovette essere oltremodo difficoltosa anche se, come al solito, le fonti latine e greche tacciono su questo. Per avere l’idea che i guerrieri etruschi fossero di elevato valore a me è sembrato lampante osservare quella testa di un guerriero in terracotta dipinta: gli occhi socchiusi e le labbra atteggiate ad un ironico, arrogante sorriso esprimono tutta la baldanza e sicurezza del soldato etrusco. Solo chi non ha paura del domani sa sorridere in quel modo e quel guerriero sorrideva sicuro del risultato del battaglie future, sorrideva quasi a voler deridere i futuri nemici. È ancora quel sorriso che torna alla ribalta, quel sorriso che continuerà a tormentarci fino a quando non verrà anche per questo glorioso popolo il tempo del dolore.
Leggendo i classici latini e greci, si può notare che, tra le righe, traspare l'ammirazione degli storici e dei poeti per i guerrieri etruschi. Fin dalle origini vediamo gli eroi romani affiancati da comandanti etruschi inferiori a nessuno per valore; a volte sono proprio essi a risolvere in favore dei romani le sorte di battaglie ormai compromesse. Dionigi, Livio e Virgilio (per citare qualcuno) spesso ci riferiscono in proposito:
"... venne in suo aiuto (di Romolo, N.d.A.) con un considerevole numero di tirreni un uomo energico e noto per il valore dimostrato in guerra, di nome Lucumone (Dionigi di Alicarnasso, op. cit. II 37,2);
"... ed erano i Romani a prevalere, avendo forze in campo aperto stanziate in guarnigioni site in posizione favorevole, delle quali era condottiero Tarquinio il Tirreno" (Guerra di Anco Marzio contro i Latini - Dionigi di Alicarnasso, op. cit. III 39, 2);
Ed è un peccato, per la loro sorte futura, che gli Etruschi non fossero uniti, ma, al contrario, alcuni usassero il proprio valore contro i proprio fratelli in guerra fratricide o peggio ancora alleandosi con quelli che erano i comuni nemici e che un giorno li avrebbero distrutti:
"I riconoscimenti per queste battaglie andarono al comandante della cavalleria Tarquinio (il futuro re, N.d.A.), e Marcio che lo considerava il più valente fra tutti e per altro non faceva che esaltarlo ... (Guerra contro i Veienti - Dionigi, op. cit. III 41,4); "... Infatti i Tirreni che combattevano all'ala destra avevano già volto in fuga i loro oppositori ... (Guerra di Tarquinio Prisco contro i Latini sostenuti da Etruschi e Sabini - Dionigi, op. cit. III 53,2).
Avessero usato i sistemi dei greci (autori di veri e propri genocidi culturali), o, ancora meglio, quelli dei romani forse quello che fu l'impero romano, si sarebbe chiamato Etruria.
Ma ritorniamo si stava dicendo.
Il popolo etrusco praticamente rappresentò il centro di incontro e di smistamento tra le culture orientali (già altamente progredite) e le tribù primitive dell'Italia, quasi la stessa funzione che ebbero i Fenici nell'ambito del Mediterraneo orientale e il nord Africa. Fu esso ad introdurre in Italia la moneta come mezzo di scambio, i prodotti di lusso ed artistici orientali; importava però anche merce di vario genere, come l'olio (sembrerà strano se consideriamo le attuali colline della Toscana), l'avorio, l'ambra e l'oro. In cambio l’Etrusco esportava armi, metalli grezzi, prodotti agricoli, suppellettili domestiche, prodotti dell'artigianato, utensili di vario tipo in bronzo e ferro ed infine un'elegante gioielleria in oro.
Ogni città aveva, possiamo dire, la sua specializzazione: Fufluna (Populonia) era un'importante centro siderurgico; Vulci un rinomato centro artistico; Veio aveva i migliori scultori; a Tarquinia c’erano eccellenti artigiani del bronzo. Per darci un'idea della mole ed importanza delle attività dell’Etruria, basta ricordare che gli esperti hanno calcolato che a Fufluna si dovettero estrarre e lavorare dalle 10.000 alle 12.000 tonnellate di ferro all'anno e per un periodo di 400 anni e che Vulca, il grande scultore di Veio, fu chiamato a Roma per eseguire addirittura una statua di Giove.
A supporto dei loro commerci gli Etruschi avevano bisogno, ovviamente, di stazioni di smistamento e di rifornimento lungo le linee di navigazione (in quei tempi quasi esclusivamente costiera) e lungo le vie di collegamento con le altre città da loro fondate, sia verso il nord che verso il sud. Per questo motivo costruivano villaggi lasciandovi, poi, soldati, marinai ed operai per tenere in ordine cantieri di riparazioni e magazzini per rifornimenti.
Queste stazioni e le colonie, la penetrazione in zone vergini e la relativa permanenza richiedevano, ovviamente, una protezione adeguata e, di conseguenza, è lecito supporre che, se i domini etruschi furono così estesi (come noto) necessariamente, in paesi ostili, gli Etruschi dovettero essere buoni soldati.
E le necropoli sparse intorno alle loro città ancora una volta ci danno conferma di questo: insieme ad oggetti di lusso e di svago, insieme a dipinti di vita quotidiana, si trovano spade di ferro, giavellotti e scudi, pitture di navi, di scene di caccia e di battaglie; il tutto ci dimostra l'etrusco come un popolo complesso, dai mille risvolti, versatile ed in esso si fondeva l'animo e la sensibilità dell'artista, la taccagneria del contadino e la prodigalità del nobile, il coraggio del marinaio e lo spirito di avventura dell'esploratore, la religiosità del sacerdote e l'avidità del commerciante.
Non era un semplice popolo, erano semplicemente gli Etruschi.