Plauto
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TITO MACCIO PLAUTO (circa 255 - 184 a.C.) Plauto fu senza dubbio il massimo commediografo latino e per la qualità e la tecnica va a braccetto con il grande collega greco Aristofane, di due secoli più anziano.
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La vita
Della vita di Plauto si conosce ben poco, anche il nome è dubbio: Marco Accio o Tito Maccio (la seconda ipotesi è quella normalmente accettata), mentre il cognome Plauto gli sarebbe derivato dal difetto fisico dei piedi piatti.
Tito Maccio Plauto nacque a Sarsina (allora in Umbria ed oggi in Romagna, nella provincia di Forlì) verso il 255 a.C.. Lasciato il paese natio, si trasferì a Roma e si dedicò al commercio effettuando, di conseguenza, molti viaggi. Dalle “Notti attiche” di Aulo Gellio apprendiamo che, avendo perso ogni suo avere in un dissesto finanziario, Plauto ritornò nell’Urbe dove, per vivere e per pagare i debiti contratti, fu costretto a girare la macina di un mugnaio. In quella condizione umiliante si ritiene che abbia scritto le sue prime commedie (Saturio, cioè il Panciapiena, e l’Addictus, cioè l’Indebitato). Il successo ottenuto gli avrebbe assicurato il riscatto da quella condizione servile e l'inizio di una brillante carriera teatrale. Se anche le cose non fossero andate proprio così, sicuro è che dalle allusioni nelle commedie si deduce che i primi anni di Plauto furono molto difficili ed egli conobbe miseria e sofferenza. Forse è per questo motivo che in seguito fu sempre un sostenitore di poveri e derelitti.
Tito Maccio Plauto morì, probabilmente a Roma, nel 184 a.C., anno in cui Marco Porcio Catone diventò Censore.
Le opere
Dopo la sua morte, sotto il nome di Plauto circolavano 130 commedie, non tutte autentiche. I grammatici latini si adoperarono per distinguere tra esse le autentiche e le spurie. La scelta più accreditata fu quella di Terenzio Varrone, che ne indicò come sicuramente autentiche 21, dubbie 19, sicuramente spurie 90. Le 21 "varroniane" sono quelle giunte fino a noi, e cioè: "Amphitruo" (Anfitrione), "Asinaria" (La commedia degli asini), "Aulularia" (La commedia della pentola), "Bacchides" (Le Bacchidi), "Captivi" (I prigionieri), "Casina" (La sorteggiata), "Cistellaria" (La commedia della cassetta), "Curculio" (Il roditore), "Epidicus" (Epidico), "Menaechmi" (I Menecmi), "Mercator" (Il mercante), "Miles gloriosus" (Il soldato millantatore), "Mostellaria" (La commedia dello spettro), "Persa" (Il persiano), "Poenulus" (Il giovane cartaginese), "Pseudolus" (Pseudolo), "Rudens" (La gomena), "Stichus" (Stico), "Trinummus" (Le tre monete), "Truculentus" (Lo zoticone) e "Vidularia" (La commedia del baule) giunta mutila.
Difficile la datazione di tutte queste opere o almeno la loro disposizione cronologica, che si è tentato tuttavia di stabilire in vario modo (allusioni interne ad avvenimenti contemporanei, disposizione metrica, tecnica teatrale). Si propende oggi, nel complesso, a collocare fra le più antiche Mercator, Asinaria, Miles gloriosus, Cistellaria, a considerare centrali lo Stichus, Amphitruo, Menaechmi, Curculio, Rudens, Aulularia, Persa, Poenulus, Mostellaria, Epidicus, e tra le ultime Pseudolus, Bacchides, Trinummus, Captivi, Truculentus, Casina.
Proprietà delle commedie
Quelle di Plauto sono tutte commedie del genere delle palliate, ossia ambientate in Grecia e secondo lo schema corrente della Commedia Attica nuova.
Plauto si ispira soprattutto a Difilo, Filemone e Menandro. Sui loro modelli innesta poi spunti farseschi tradizionali, di repertorio, derivati dall'antico teatro latino, osco, etrusco e arricchito da motivi popolareschi. Solo in qualche caso si può parlare di una vera e propria contaminazione di più originali in un'unica opera (nel Miles per esempio). Le situazioni e la trama sono quasi costanti: giovani scapestrati a cui si oppongono genitori intransigenti, collaborazione di un servo astuto agli amori del giovane con una ragazza di umile condizione o con cortigiane sfruttate da lenoni; soluzione finale favorevole agli amanti, con premio per il servo.
Poche sono in Plauto le variazioni, come pure gli interventi collaterali di figure farsesche minori (cuochi, soldati, parassiti, cameriere, ecc.); anche i protagonisti sono irrigiditi in tipi, senza quasi mai alcuna nota psicologica che li caratterizzi singolarmente (qualche eccezione si può notare, per esempio, nel protagonista avaro dell'Aulularia o nel padre sofferente dei Captivi o nella giovane Selenio della Cistellaria). La trama stessa contiene a volte delle incongruenze, delle complicazioni eccessive o degli sbandamenti, per la negligente inserzione in essa di spunti estranei.
Originalità
L'originalità di Plauto (difficile da stabilire anche per la perdita di tutti i suoi modelli greci) sta nella sapiente tecnica della composizione, nell'inventiva comica, legata soprattutto agli effetti delle parole e della metrica. Plauto è totalmente volto al riso, al divertimento dello spettatore. Di qui le sue scoppiettanti invenzioni verbali, gli intrecci ed i giochi di parole, le assonanze buffe, gli equivoci e le oscenità, i doppi sensi inesauribili. Il suo è uno stile che attinge largamente a modi e a effetti popolareschi, con colori di abbagliante immediatezza, ma anche rigoroso, ben studiato e portato con ogni mezzo a un chiaro livello letterario (Terenzio Varrone ne fu entusiastico ammiratore). In secondo luogo Plauto si serve di una grande maestria metrica per introdurre sempre più ampiamente nel dialogo squarci di ricca varietà ritmica, cantati con accompagnamento musicale, che danno un crescente sapore di commedia musicale ai suoi drammi. I cantica sono anzi l'aspetto più originale e tipico del suo teatro. Forse già preesistenti nel teatro italico (da alcuni critici accostati, invece, alle parti liriche della tragedia greca), essi comunicano alla commedia plautina varietà e sbrigliatezza fantastica, che si aggiunge, con irresistibile effetto esilarante, alla rapidità del movimento scenico. Tutto questo raggiunge spesso la sguaiatezza, e comunque Plauto non fa che assecondare i gusti di un pubblico composito, ma in cui predomina l'elemento popolare, e nello sfruttare, anche ripetutamente, mezzi scenici tradizionali tanto che, per queste tecniche, per questi ritrovati e per questi effetti, più che al teatro ellenistico, il suo teatro può essere avvicinato a quello di Aristofane. Il suo è del resto un "aceto" tipicamente italico, e tale rimane anche nelle forme esteriori greche che assume. Tutto ciò spiega il suo enorme successo popolare, accompagnato però anche, miracolosamente, dal compiacimento dei letterati.
Nazionalismo
Plauto ricava i personaggi delle sue commedie direttamente dalla realtà romana, ma poi li trapianta in Grecia: questo era motivo di grande risate per il pubblico, ma assumeva anche un atteggiamento critico dell’autore verso quel paese, atteggiamento accresciuto dal fatto che quando Plauto utilizza parole greche, lo fa sempre con fini caricaturali. Che non sia un amante della cultura ellenica, ce ne accorgiamo da tanti altri particolari: ad esempio, quando vuol designare un modo di vita frivolo, egli dice “pergraecari” e per significare dissipazione di ricchezze, dice “congraecari aurum”. Come si vede, il suo è uno spirito decisamente anti ellenico e Plauto può essere considerato un altro difensore della latinità, a braccetto con Catone il Censore e Lucilio.
editus ab
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