Giovenale

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Decimo Giunio GIOVENALE (50 ca – dopo il 135)


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La vita

Scarse sono le notizie relative alla vita del poeta satirico Decimo Giunio Giovenale. Tranne i ricordi di lui negli epigrammi del suo amico Marziale, non è menzionato da nessun altro scrittore fino al sec. IV.. Nacque ad Aquino verso il 50. Seguì gli studi di grammatica e di retorica, fu conferenziere e avvocato, con poca fortuna, e costretto a cercare l'appoggio dei ricchi. Cominciò a scrivere piuttosto tardi e pubblicò le sue satire sotto Traiano e Adriano. Pare abbia compiuto un viaggio in Egitto dove, secondo un'antica biografia, sarebbe stato relegato col pretesto del comando di una guarnigione militare e lì sarebbe morto. La sua morte, in ogni modo, sarebbe da collocare dopo il 135.

Le opere

Giovenale si dedicò, con insolita acredine, a un genere letterario romano antico, quello della satira, coltivato già da Lucilio, da Orazio e da Persio. Egli scrisse 16 satire, in esametri, di diversa estensione (dai 130 versi della dodicesima ai 661 della sesta) e divise in 5 libri, ognuno di circa 800 versi.
Nella prima satira, che serve da introduzione all'intera raccolta, Giovenale dichiara che il poeta non può tacere di fronte allo spettacolo penoso che offre la corruzione dell'Urbe, ma, per mancanza di libertà nel suo tempo, dichiara che egli attaccherà solo i morti.
Sono poi da ricordare: la quarta satira, descrizione grottesca di un consiglio imperiale convocato da Domiziano (grande bersaglio della satira di Giovenale) per discutere sul modo di cucinare un grosso rombo pescato nell'Adriatico; la sesta satira, che è il capolavoro di Giovenale, un lunghissimo catalogo dei caratteri e dei vizi delle donne, primo fra tutti la lussuria; la decima satira, contro la follia umana, per cui tutti invocano beni vani e incerti, quali le ricchezze o la gloria, e così facendo consumano la propria esistenza nel nulla.
Nelle ultime satire si nota, invece, un tono più smorzato, con interventi della riflessione filosofica e di temi retorici. La sedicesima satira, sui vantaggi della vita militare, ci è pervenuta frammentaria.

Giudizio

Elementi essenziali, e contrastanti, della satira di Giovenale sono da un lato l'impeto dei suoi attacchi, dall'altro l'influsso della scuola, per cui convivono in lui, con un'ispirazione sincera, i luoghi comuni della discussione filosofico-morale e gli artifici della retorica. La polemica sociale ha in Giovenale una grande estensione, con spunti contro i ricchi, i vanitosi, gli avari, i libertini. Ne deriva una visione pessimistica e opprimente del mondo. Come ogni poeta satirico, Giovenale è un nostalgico dei tempi antichi, ma il suo rigorismo sembra doverlo rendere scontento di qualunque imperfezione della natura umana. I vizi trovano in lui un descrittore e un fustigatore potente. La sua poesia ha una rara forza di rappresentazione, con una fantasia grandiosa e insieme con grande concretezza; il suo stile è rapido, efficace con l'uso di poche parole, di frasi concise, molte delle quali sono diventate proverbiali. Anche i versi sono costruiti con durezza per esprimere questo mondo chiuso e insieme lo sdegno costante del poeta.

Fortuna

Per il carattere moraleggiante e il tono violento la poesia di Giovenale ebbe un grande influsso nel Medioevo. Essa fu poi ripresa nelle età successive come modello della satira pungente e corrosiva.


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