La Seconda Sofistica
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LA SECONDA SOFISTICA
Intorno alla metà del II secolo si assiste al rifiorire dell’eloquenza che, iniziata con l’esperienza di alcuni retori nel 1° secolo, si protrae, pur con qualche pausa, fino al V secolo. Alla retorica di questo periodo sia le fonti antiche sia gli studiosi moderni attribuiscono il nome di Seconda Sofistica quasi a sottolineare la sua discendenza dalla Sofistica dell’età classica (quella dei Gorgia da Lentini e Protagora) alla quale è accomunata da un medesimo interesse: il potere di persuasione della parole. A differenza della prima che era una vera rivoluzione concettuale operata da maestri di eloquenza che erano anche filosofi, la seconda era legata all’attività di brillanti retori che si cimentavano in esibizioni letterarie fatte di orazioni preparate a tavolino o conferenze su vari argomenti. Normalmente questo genere di attività era a pagamento e questi letterati si esibivano in varie città, quasi come fenomeni da circo. Non era importante l’argomento trattato, ma la forma, la tecnica, il virtuosismo letterario. Per far risaltare meglio le qualità retoriche, venivano scelti argomenti ostici, spesso stravaganti e di difficile trattazione. Alcuni retori si specializzarono in discorsi paradossali, detti “paignia”, e negli elogi delle cose più strane per soddisfare le richieste del pubblico che esigeva sempre maggiore spettacolarità.
Tra il primo ed il secondo secolo, gli esponenti principali della seconda sofistica furono Dione di Prusa, Erode Attico, Elio Aristide, Luciano di Samosata e Filostrato il maggiore. Dopo il periodo di stallo registratosi nel terzo secolo, seguirà una nuova ripresa della sofistica nel quarto e quinto secolo. In quest’ultimo periodo si distinsero, fra gli altri, per lo spessore culturale e per il loro impegno l’imperatore Giuliano, spirito inquieto e scrittore spesso disincantato, e Sinesio di Cirene.
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