Accio

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LUCIO ACCIO (170 - 84 ca. a. C.).

La vita

Lucio Accio nacque a Pesaro nel 170 a.C. da genitori liberti, quindi di umile origine. In seguito si trasferì a Roma dove per lo più visse e dove nel 140 fece rappresentare la sua prima tragedia. Nella città capitolina, Accio non entrò a far parte del circolo culturale degli Scipioni, di cui invece faceva parte Pacuvio, il tragediografo che in quegli anni andava per le maggiori. Motivo di questa esclusione è senza dubbio la sua origine servile. Considerando, però, che di quel circolo facevano o avevano fatto parte personaggi come Livio Andronico e Terenzio (schiavi) ed Ennio e Pacuvio (cittadini osci); non è da trascurare l’ipotesi che a questa esclusione, in buona parte, contribuì il suo carattere fiero e ambizioso, ma anche tracotante e borioso: tutto contrastava con l’ambiente aristocratico e raffinato che era il circolo degli Scipioni. Non solo non ne fece parte, ma Accio fu in aperta ostilità con quel cenacolo, al punto da suscitare le ire di Lucilio, che nelle sue satire lo fece bersaglio di violente frecciate. Tra gli appartenenti a quel circolo, probabilmente Accio provava stima e simpatia solo per Pacuvio, del quale può essere considerato il successore. Di questo affetto troviamo testimonianza nelle “Notti Attiche” di Aulo Gellio. Da questi sappiamo che Accio, dovendosi recare in Asia, passò per Taranto ed andò a far visita proprio a Pacuvio, ormai in età molto avanzata ed afflitto da una malattia cronica. L’anziano poeta, con molta cortesia, lo invitò a trattenersi alcuni giorni presso di lui e, durante la permanenza, Accio, dietro sua richiesta, gli lesse la tragedia Atreo che Pacuvio apprezzò, anche se la giudicò un po’ acerba.
Lucio Accio ebbe una vita lunga, se poterono conoscerlo, ben addentro al primo secolo, Cicerone e Varrone.
Incerto è il luogo della morte che avvenne intorno all’anno 84 a.C..

Le opere

Per le sue tragedie (fabulae cothurnate), numerosissime, scritte in 40 anni e di cui si conoscono 45 titoli (tra cui Achilles e Medea) e oltre 600 versi, Lucio Accio attinse spesso al ciclo epico troiano, a quello dei Pelopidi e ad altri non meno foschi e truci, imitando soprattutto Euripide.

Due sole sono praetextae, ossia ispirate alla storia romana: il Decius seu Aeneadae, sul sacrificio in battaglia dei tre Deci e in particolare di Publio a Sentino (295 a. C.) e il Brutus sulla caduta dei Tarquini per opera di Bruto. Il teatro di Accio, che ebbe grande e duraturo successo, aveva effetti di violenta emozione, con personaggi grandiosi e uso ricercato della retorica. Sull'esempio di Ennio si dedicò anche ad altre produzioni: condusse studi eruditi, di ortografia e di retorica (Didascalica) e compose un poema epico-storico (Annales), poesie satiriche, erotiche e sulle feste dell’anno.

Giudizio

Accio contese a Pacuvio la palma di miglior tragediografo latino; da alcuni studiosi è considerato addirittura il più grande.

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