A Canossa

Da Pklab.

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A CANOSSA


Città del Sole, 21.4.2003

È quasi mezzogiorno o così mi sembra; le case troppo vicine tra loro o forse le nuvole mi impediscono di vedere il sole al punto da non sapere neppure se il cielo è sereno. Sono ad Olevano sul Tusciano, precisamente ad Ariano e non ho dubbi: sono nel futuro del passato, ma non sono nel presente. Non posso essere nel passato perché ricordo cose più recenti e non sono nel presente perché non esiste quasi niente delle cose che ci dovrebbero essere. Forse si tratta un mondo parallelo e speculare ed io stesso sono speculare a me stesso? Forse non sono io a passeggiare in quella strada, ma sono spettatore di qualcosa che ora mi sfugge? E chi sono io? Non lo so e non so neppure cosa sto facendo da quelle parti; forse sto andando a zonzo, ma di sicuro niente mi trattiene in quei posti … conosco il luogo, ma non la gente. Credo di essere un forestiero ed infatti sto andando via per non so dove. Ad un tratto, mentre salgo la gradinata che da Capo la Chiesa porta nella piazzetta prima di quella della farmacia, una delle due persone che mi stanno dietro mi urta; entrambe poi mi sorpassano; si girano a guardarmi; ridono tra loro. Le guardo … sono due donne; mi chiedono scusa, ma poi una delle due, sempre la stessa, mi urta di nuovo e la scena si ripete. È chiaro che lo sta facendo apposta … non capisco il motivo; sembra che mi stiano provocando; pare vogliano che io reagisca … stranamente, però, non avverto alcun fastidio, anzi provo una specie di piacere assurdo per il loro comportamento. Sorrido!

Una di loro è la ragazza del bar … è grassa, però, e vestita con abiti antiquati; lei stessa è antiquata (“è fuori moda”, avrebbe detto quell’anonimo olevanese), mentre nella realtà non dovrebbe essere così o almeno credo ... in ogni caso non ne sono tanto sicuro. Sono molti lustri che non ci parliamo e molti anni che non la vedo. Quella persona, in ogni modo mi dà l’idea di voler riallacciare un’antica amicizia finita. Forse è solo una mia impressione o forse non lo so. Ella è nel suo futuro, ma quasi pentita del passato; io nel futuro del passato, ma fuori del tempo e forestiero in tutte le patrie, indifferente a tutto. Mi farebbe piacere scambiare quattro chiacchiere con lei, soprattutto perché mi sorride con un sorriso sardonico e perché mi lascia intendere che sarebbe lei a venire a Canossa, sconfitta dal tempo, disillusa dalla realtà. Il tempo, dunque, aveva medicato le ferite e reso giustizia, chiarito i dubbi, riaffermato la verità … Viene a Canossa. Forse è proprio questo che mi fa piacere! Tante volte sono andato a Canossa con la mia fantasia, con i miei sogni, con i miei ricordi. Ho trascorso tutta una vita sulla strada di Canossa, ma non ho mai incontrato né la contessa Matilde né sua santità Gregorio VII … oppure erano nel castello, ma non mi aprivano, mi lasciavano fuori a soffrire. Chi, adesso, sarebbe andato a Canossa? In ogni caso io sarei stato il castellano!

Le due, intanto, continuano nei loro piccoli dispettucci da bambine ed entrano in una casa, come per nascondersi alla mia vista. Io, invece, senza più curarmi di loro, proseguo diritto e sono nella piazza, davanti al “barraccone”. Tutto è strano. Mi accorgo che ci sono tante sedie disposte come per un cinema all’aperto: molte sono vuote, ma su altre ci sono sedute alcune persone che guardano lontano, proprio come se stessero assistendo ad un film o si apprestassero a farlo. Il loro sguardo, però, sembra perdersi nel vuoto ed i loro volti appaiono rassegnati a non so cosa. Sono tutti vecchi, molto vecchi, ma, nonostante questo particolare, non conosco nessuno di loro. Sono stupito … mi accorgo che non vogliono vedere un film, ma stanno aspettando l’autobus … che strano! Se stanno fermi così, l’autobus non potrà mai passare … ed infatti non passerà.

All’improvviso le due escono dalla tabaccheria … sono loro, non c’è dubbio, ma adesso la ragazza del bar non è più la stessa, ha cambiato sembianze, ora è la mucca della pubblicità ed è giovane e carina, ma, probabilmente, nella realtà non è più così. Anche lei è nel suo presente, anche lei è quasi pentita del suo passato e pronta a venire a Canossa. Avrebbe piacere di fermarsi e parlare con me, ma non può, ha fretta. Con lei c’è la mamma, la sorella ed una bimba … stanno andando velocemente verso casa, dove l’aspetta il marito, vecchio e malato.

Mi guarda; per un istante i suoi occhi si incrociano con i miei e sembrano dirmi: sarà per un’altra volta … sono perplesso; non riesco a pensare; sono deluso dagli eventi e dalle situazioni … non riesco a capire … “Ti aspetto a Canossa”, “ci rivediamo a Filippi”, “aspetto Godot” … tante facce di una stessa medaglia.

Nel cielo non c’è il sole, nella piazza non c’è più nessuno, intorno c’è il vuoto … io vorrei andare via!
Mi sono svegliato!

È del Tuscio thumb_Anonimo_olevanese.jpg

Anonimo Olevanese da piccolo osserva il mondo


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