Demostene

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DEMOSTENE (Atene 384 a. C. - Calauria 322 a.C.).

La vita

Demostene, nato ad Atene nel 384 a.C., iniziò la carriera d’avvocato a 18 anni intentando una causa contro Afobo, il tutore che l'aveva derubato dei suoi avere, e poi continuò la professione di logografo. L'oratoria lo portò direttamente all'attività politica e per più di 30 anni, dal 355 a.C. fino alla morte, Demostene fu uno dei protagonisti della travagliata vita di Atene.
L'oratore non fu un politico lungimirante e aperto e neppure fu esente da sospetti, anche gravi, di corruzione. La tenacia con cui difese, per l'ultima volta, l'indipendenza di Atene, e gli accenti che tanta passione ispirò ai suoi discorsi, però, ne fecero nei secoli un affascinante personaggio e uno dei simboli della libertà e della resistenza del debole contro un oppressore. Anche l'ideale, da lui perseguito, della restaurazione degli antichi valori democratici e morali della città pone la sua figura ben al di sopra di quella di un retore.
Demostene esordì nell’oratoria politica sostenendo una ripresa della politica imperialistica ed un rafforzamento politico e finanziario con i tre processi che si svolsero nel 355 a.C. e nel 352 a.C. ("Contro Androzione", "Contro Leptine", "Contro Timocrate"). Essi si estesero alle più importanti questioni della politica interna (la finanza pubblica) ed estera (guerra contro la Persia) di Atene. Nello stesso 352 a.C., si pronunciò a favore dei Megalopolitani contro Sparta.

Intanto, pochi anni prima, sul trono di Macedonia era salito Filippo che aveva iniziato una politica di espansione verso sud, conquistando Anfipoli, Potidea e Metone. Nel 351 a.C. il re macedone minacciò l'Ellesponto e Demostene, preoccupato della crescente potenza di Filippo, iniziò la serie delle sue "Filippiche": la lotta anti macedone diveniva la grande ispiratrice, il nodo e il fulcro di tutta la sua attività. Prevalse, allora, la proposta di Eubulo per la neutralità. Verso la fine dello stesso anno l'oratore parlava, ancora inutilmente, a favore dei democratici di Rodi (Per i Rodiesi), che chiedevano aiuto ad Atene per rovesciare la dominazione dei signori di Caria sull'isola. Nel 349 a.C. Filippo invase la Penisola Calcidica; Olinto chiese l'intervento di Atene e Demostene ne sostenne la causa nelle tre "Olintiache" (349-348 a.C.); ma gli aiuti, scarsi e dilazionati, non poterono impedire la caduta e la distruzione della città.

Allorché un’ambasceria di undici delegati, fra i quali Demostene ed Eschine, fu inviata a trattare con il re, giudicando necessaria una tregua per organizzare la resistenza e ricostruire una forza armata efficiente, l’oratore pronunciò l’orazione “Per la pace”. Questa fu ottenuta nel 346 a.C.: la pace prese il nome da Filocrate, l'autore della proposta, ma fu continuamente minacciata per otto anni. Già nel 344 a.C., infatti, Filippo accusava Demostene di intrighi, e l'oratore recitava la Seconda Filippica. L'anno seguente si celebrò il processo che Demostene fece intentare contro Eschine dal proprio amico Timarco, e nel corso del quale pronunciò l'orazione “Sulla falsa ambasceria”, che è forse il suo capolavoro; solo la bravura non inferiore di Eschine e l'intervento in suo favore di Eubulo e di Focione strapparono l'assoluzione per pochi voti. Del 341 a.C. è la "Terza Filippica", la più grande di tutte, che coincide anche col periodo di maggior successo della politica di Demostene, impegnato a scatenare la guerra contro Filippo. A questo scopo formò una coalizione di Stati ellenici, cui riuscì a fare aderire anche Tebe. Ma a Cheronea, il 1° settembre 338 a.C., Ateniesi, Tebani, Achei, Corinzi e Focesi erano sconfitti da Filippo; anche Demostene (secondo Plutarco) fuggì dal campo di battaglia dove aveva combattuto come oplita.
Nonostante le critiche di Eschine, gli Ateniesi lo sostennero ancora, lo incaricarono di recitare l'elogio dei caduti e, poi, di restaurare le mura della città.

Quando Ctesifonte dopo la battaglia di Cheronea propose di conferire a Demostene una corona d’oro per le sue benemerenze e per aver presieduto alcune opere di difesa, Eschine citò in giudizio Ctesifonte, accusandolo di illegalità. Nel processo che seguì nel 330 a.C., Eschine pronunciò l’orazione “Contro Ctesifonte” che metteva in discussione tutta la politica di Demostene, e questi, a sua volta, pronunziò l’orazione “Per la corona” che ottenne la condanna dell’avversario.

Intanto, nel 336 a.C., Alessandro era succeduto a Filippo e poco dopo aveva distrutto Tebe. Demostene tenne una condotta più cauta e cominciò a perdere lentamente prestigio.
Nel 324 a.C. scoppiò "l'affare di Arpalo". Costui, tesoriere di Alessandro, fuggì ad Atene per le malversazioni di cui si era reso colpevole, e con una forte somma; Alessandro chiese la consegna del reo e del danaro. Atene rifiutò, imprigionò Arpalo e depositò i suoi 700 talenti nell'Acropoli, per restituirli al re quando fosse tornato dall'India. Ma Arpalo fuggì e non si trovarono che 350 talenti. Demostene, che era tra i commissari incaricati della loro sorveglianza, fu sospettato di corruzione e al termine di un'inchiesta condannato a una multa di 50 talenti. Non poté pagare, fu incarcerato e fuggì a sua volta a Egina e poi a Trezene. Pochi mesi dopo Alessandro moriva a Babilonia (323 a.C.). La Grecia insorse contro i Macedoni, Demostene tornò in patria da trionfatore, ma per poco: nell'agosto del 322 a.C. gli insorti erano vinti da Antipatro a Crannone, in Tessaglia, e gli Ateniesi dovettero condannare a morte come traditori i capi della rivolta, fra cui Demostene e Iperide. Questi riuscirono a fuggire, Demostene a Calauria, un'isoletta al largo dell'Argolide. Ma lì fu raggiunto dagli uomini di Antipatro e per non cadere nelle loro mani si avvelenò (ottobre del 322 a.C.).
Con Demostene tramontò la libertà greca, e con questa l'oratoria, che passò nel chiuso delle scuole di retorica e lì si fuse con la critica letteraria. Si chiudeva in questo modo anche l'età d'oro della letteratura greca, il periodo delle creazioni.

OPERE

Sotto il nome di Demostene, ci sono giunte sei lettere e 60 orazioni che si possono distinguere in tre gruppi: per i processi di diritto privato; per i processi e discorsi politici. Le lettere probabilmente sono spurie, e così alcune delle orazioni furono artefatte più tardi. Tra le autentiche, le politiche soprattutto mostrano il genio oratorio di Demostene, ineguagliato in ogni tempo. In esse la violenza dell'invettiva, la potenza del pathos si accompagnano a una grande finezza espositiva: lo stile, che segue con molta libertà le regole della prosa d'arte, è sorvegliato, musicale, vario, periodi brevi si alternano a periodi lunghi in un sapiente calcolo degli effetti.

GIUDIZIO

Demostene fin dall’antichità fu ritenuto il più grande oratore sia per vigore dialettico, efficacia drammatica, lucidità sia per lo stile vigoroso e severo, teso all’efficacia dell’argomentazione.


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