Eschilo
Da Pklab.
ESCHILO (Eleusi, Atene, 525-Gela 456 a. C.)
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La vita
Eschilo nacque ad Eleusi (Atene) nel 525 a.C.. Il luogo di nascita, centro del culto di Demetra, comunicò una profonda religiosità al suo animo. Egli, probabilmente, fu iniziato al culto della dea e più tardi venne anche accusato di averne rivelato i misteri (forse nelle Eumenidi). Giovanissimo, Eschilo esordì prima come attore, poi come autore di drammi. Il poeta vinse il suo primo premio nelle gare tragiche nel 484 a.C.; in quegli anni partecipò anche alla lotta della Grecia contro i Persiani (nella battaglia di Maratona combatté al fianco di un suo eroico fratello, Cinegiro). Quando Gerone di Siracusa fondò la città di Etna (474), il poeta, invitato a corte, vi fece rappresentare le Etnee. Nel 468, di ritorno ad Atene, Eschilo fu battuto per la prima volta da Sofocle.
Durante la sua attività Eschilo ottenne 13 vittorie nei concorsi teatrali (o 28, secondo alcuni studiosi). Nel 458, dopo la vittoria ottenuta con l'Orestea, per ragioni non molto chiare fece ritorno in Sicilia, dove morì a Gela nel 456 a.C..
La morte
Sulla morte di Eschilo ci è stata tramandata una curiosa leggenda secondo la quale un'aquila avrebbe lasciato cadere, per spezzarla, una tartaruga sulla testa del tragediografo, scambiandola, data la calvizie, per una pietra.
Le opere
A Eschilo sono attribuiti da 70 a 90 drammi; a noi ne sono giunti 7, secondo una scelta operata in età romana e trasmessa nel Medioevo: Supplici, Persiani, I sette contro Tebe, Prometeo incatenato, Agamennone, Coefore, Eumenidi (le ultime tre formano l'unica trilogia completa superstite, l'Orestea).
La prima tragedia in ordine di tempo sembra essere le Supplici, per ragioni storiche e interne (la sua estrema semplicità e la prevalenza delle parti corali, che ci rimandano alle origini del teatro tragico); completavano la tetralogia gli Egizi, le Danaidi e il dramma satiresco Amimone. Le Supplici sono le 50 figlie di Danao che fuggono dall’Egitto per sottrarsi alle nozze con i cugini. Giunte ad Argo implorano la protezione di Pelago che è così posto dinnanzi al dilemma di rifiutare l’accoglienza, incorrendo nelle ire di Zeus, o concederla, rischiando una guerra: prevarrà la riverenza per il re degli dei.
I Persiani sono a loro volta l'unico dramma storico greco a noi noto, dramma anch'esso dai caratteri semplici e austeri di un teatro arcaico. Il contrasto tra un regime dispotico e quello della democrazia, animatrice di un amore profondo per la libertà e la patria, appare il tema animatore di Eschilo in questa tragedia, vittoriosa alla sua prima rappresentazione, nel 472. Nel 467 Eschilo riportò ancora la vittoria con la tetralogia del mito di Edipo, di cui ci sono giunti I sette contro Tebe. Della successiva trilogia di Prometeo ci è giunto il Prometeo incatenato, con la vicenda del titano incatenato da Giove in Scizia per aver trasmesso ai mortali il fuoco. L'opera sembra appartenere agli ultimi anni, siracusani, del suo autore, ma alcuni critici ne mettono in discussione la paternità eschilea. Essa, tuttavia, godette di enorme favore nell'età romantica, quando si accentuò l'evidente tema eschileo della lotta dell'uomo per la libertà contro un'oppressione autoritaria e tirannica, fino a oscurare quello religioso della misteriosa giustizia divina.
Capolavoro di Eschilo è l'Orestea, che assomma tutti i motivi fondamentali del suo pensiero religioso e della sua arte teatrale e ne porta alle vette la poesia. Il potere e la ricchezza generano quasi ineluttabilmente la tracotanza, spingono a valicare i limiti del giusto; la colpa chiama la vendetta divina, il sangue versato inizia una catena di delitti e di lutti che non può concludersi se non con un atto di perdono e con una giustizia superiore, che s'incarna nelle nuove divinità, in una nuova religiosità, nel tribunale di un popolo intero retto a democrazia.
Tragedia di lunghezza insolita per Eschilo (1673 versi), l'Agamennone è costruita con una sapienza rara di effetti scenici e contiene, soprattutto in apertura, nelle parti corali e nel delirio di Cassandra, squarci di altissima poesia, ora sospesa in una calma foriera di tempesta, ora lanciata nelle vertigini del parossismo.
Giudizio
Lirico altissimo, dai trapassi rapidi e intensi, dalle ardite metafore, dalla dura secchezza dell'essenziale, Eschilo crea personaggi teatrali dalla semplice, concentrata, vigorosa personalità: esempio supremo è quello di Clitennestra, la madre che tramuta ogni suo affetto in un unico odio e persegue, ormai maschiamente, ma con momenti di ineffabile femminilità, la sua vendetta.
Fortuna
In vita Eschilo ebbe grande successo; ancora Aristofane lo proclama superiore a Euripide per concentrazione di pensiero, originalità e vigore. Successivamente sono gli altri due tragici, Sofocle ed Euripide, a prevalere su di lui: Aristotele glieli preferisce entrambi, l'ellenismo e i Romani gustarono e s'ispirarono soprattutto a Euripide, più facile e romanzesco, lontano dalla difficile grandiosità d'una tragedia intrisa di pensiero teologico, concisamente espressiva, dallo stile elevato e dalla potente musicalità. La grandezza di Eschilo fu riscoperta solo nell'Ottocento, quando nella lotta dei suoi eroi, in primo luogo di Prometeo (il "titano ribelle"), contro il fato e il volere della divinità, si sentì la lotta dell'uomo contro ogni tirannia e pregiudizio.