Saffo di Lesbo

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La capacità di mettere a nudo i propri sentimenti, senza pudori o vergogna, la sua partecipazione emotiva e la memoria come possibilità di recuperare ciò che si è perso, sono i temi che hanno reso immortale la poesia di Saffo. La capacità di mettere a nudo i propri sentimenti, senza pudori o vergogna, la sua partecipazione emotiva e la memoria come possibilità di recuperare ciò che si è perso, sono i temi che hanno reso immortale la poesia di Saffo.
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 +http://lnx.pksoft.it/pkakira/albums/userpics/10002/G0007Saf.jpg
 +Busto di Saffo (scaricata da Internet)
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== La vita == == La vita ==
Nata da nobile famiglia nell'isola di Lesbo, probabilmente nella città di Ereso, Saffo visse quasi sempre a Mitilene tra il VII ed il VI secolo a.C.. Intorno al 600 fu in esilio in Sicilia, a seguito di rivolgimenti politici, e lì rimase fino al 590 a.C.. Poi ritornò in patria, dove visse per il resto della vita. Sposatasi, la poetessa ebbe una figlia, di nome Cleide, molto amata e spesso citata nelle sue poesie. Poche altre notizie si hanno della sua vita, ricavate dai suoi stessi carmi. Da essi sappiamo che ebbe un fratello di nome Carasso. Nata da nobile famiglia nell'isola di Lesbo, probabilmente nella città di Ereso, Saffo visse quasi sempre a Mitilene tra il VII ed il VI secolo a.C.. Intorno al 600 fu in esilio in Sicilia, a seguito di rivolgimenti politici, e lì rimase fino al 590 a.C.. Poi ritornò in patria, dove visse per il resto della vita. Sposatasi, la poetessa ebbe una figlia, di nome Cleide, molto amata e spesso citata nelle sue poesie. Poche altre notizie si hanno della sua vita, ricavate dai suoi stessi carmi. Da essi sappiamo che ebbe un fratello di nome Carasso.
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== Le opere == == Le opere ==
Gli antichi conoscevano di Saffo una raccolta di carmi, in nove libri, ordinata secondo criteri metrici: otto di liriche e uno a parte di epitalami. Era una delle raccolte più ampie di poesie meliche, di cui le citazioni degli scrittori posteriori ci hanno conservato solo dei frammenti, arricchiti poi dai papiri scoperti in Egitto che ci hanno restituito anche un'ode intera ed un epitalamio per le nozze di Ettore ed Andromaca. Gli antichi conoscevano di Saffo una raccolta di carmi, in nove libri, ordinata secondo criteri metrici: otto di liriche e uno a parte di epitalami. Era una delle raccolte più ampie di poesie meliche, di cui le citazioni degli scrittori posteriori ci hanno conservato solo dei frammenti, arricchiti poi dai papiri scoperti in Egitto che ci hanno restituito anche un'ode intera ed un epitalamio per le nozze di Ettore ed Andromaca.
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== Giudizio == == Giudizio ==
Saffo trattò quasi tutti i generi della lirica monodica, e anche corale, con componimenti strofici in dialetto eolico (canti erotici, inni, epilli mitologici, epitalami, parteni). Il tema dominante della poesia di Saffo è l'amore, o almeno il sentimento, nella sua forma più schietta, nella sua immediatezza. Saffo, pur nell'eleganza e nella musicalità di una tecnica accuratissima, è poetessa istintiva, che tutto assorbe in una sfera soggettiva. Di qui la sua modernità, che ne ha fatto uno degli autori antichi più letti, studiati e tradotti ai nostri giorni. Centro della sua ispirazione è il tiaso, con le relazioni di vita e di affetti. Passano su di esso le stagioni, le ore del giorno, e Saffo è animata dalla gioia della presenza delle compagne e delle allieve, o rattristata dalla loro lontananza o annientata dalla gelosia (famose le sue descrizioni di feste e di occupazioni nel giardino, di notti solitarie, di momenti nostalgici); la sensibilità è sempre vigile, a volte si scatena in vera passione, espressa con spregiudicata schiettezza, una passione che ha dato luogo spesso a severi giudizi moralistici sulla poetessa e sul suo ambiente. Tutto si trasfigura, comunque, sotto la sua penna, in un mondo di bellezza, d'idealità dove l'analisi realistica del sentimento si accompagna a sogni fantastici e a evocazioni musicali di grande fascino. Solo negli epitalami, scritti per le cerimonie nuziali delle amiche intervengono toni più variati, dal popolaresco al ridanciano, e spunti più concreti. Anima costantemente questa poesia la vivacità del dialetto eolico, con forme epiche ioniche e risaltanti soprattutto nelle parti narrative. Saffo trattò quasi tutti i generi della lirica monodica, e anche corale, con componimenti strofici in dialetto eolico (canti erotici, inni, epilli mitologici, epitalami, parteni). Il tema dominante della poesia di Saffo è l'amore, o almeno il sentimento, nella sua forma più schietta, nella sua immediatezza. Saffo, pur nell'eleganza e nella musicalità di una tecnica accuratissima, è poetessa istintiva, che tutto assorbe in una sfera soggettiva. Di qui la sua modernità, che ne ha fatto uno degli autori antichi più letti, studiati e tradotti ai nostri giorni. Centro della sua ispirazione è il tiaso, con le relazioni di vita e di affetti. Passano su di esso le stagioni, le ore del giorno, e Saffo è animata dalla gioia della presenza delle compagne e delle allieve, o rattristata dalla loro lontananza o annientata dalla gelosia (famose le sue descrizioni di feste e di occupazioni nel giardino, di notti solitarie, di momenti nostalgici); la sensibilità è sempre vigile, a volte si scatena in vera passione, espressa con spregiudicata schiettezza, una passione che ha dato luogo spesso a severi giudizi moralistici sulla poetessa e sul suo ambiente. Tutto si trasfigura, comunque, sotto la sua penna, in un mondo di bellezza, d'idealità dove l'analisi realistica del sentimento si accompagna a sogni fantastici e a evocazioni musicali di grande fascino. Solo negli epitalami, scritti per le cerimonie nuziali delle amiche intervengono toni più variati, dal popolaresco al ridanciano, e spunti più concreti. Anima costantemente questa poesia la vivacità del dialetto eolico, con forme epiche ioniche e risaltanti soprattutto nelle parti narrative.
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== Fortuna == == Fortuna ==
La lirica di Saffo influì su quella dei suoi contemporanei: Alceo la conobbe e l'ammirò. La poetessa ebbe grande fama nell'Atene del V secolo e fu ammirata in età ellenistica; i commediografi la dileggiarono, Platone la definì “decima musa”. La lirica di Saffo influì su quella dei suoi contemporanei: Alceo la conobbe e l'ammirò. La poetessa ebbe grande fama nell'Atene del V secolo e fu ammirata in età ellenistica; i commediografi la dileggiarono, Platone la definì “decima musa”.

Revisione 18:46, 5 Nov 2006

SAFFO DI LESBO

la decima Musa

La capacità di mettere a nudo i propri sentimenti, senza pudori o vergogna, la sua partecipazione emotiva e la memoria come possibilità di recuperare ciò che si è perso, sono i temi che hanno reso immortale la poesia di Saffo.

G0007Saf.jpg Busto di Saffo (scaricata da Internet)

Table of contents

La vita

Nata da nobile famiglia nell'isola di Lesbo, probabilmente nella città di Ereso, Saffo visse quasi sempre a Mitilene tra il VII ed il VI secolo a.C.. Intorno al 600 fu in esilio in Sicilia, a seguito di rivolgimenti politici, e lì rimase fino al 590 a.C.. Poi ritornò in patria, dove visse per il resto della vita. Sposatasi, la poetessa ebbe una figlia, di nome Cleide, molto amata e spesso citata nelle sue poesie. Poche altre notizie si hanno della sua vita, ricavate dai suoi stessi carmi. Da essi sappiamo che ebbe un fratello di nome Carasso.

Partecipe di un tiàso di nobildonne, Saffo ricorda parenti e fanciulle, che essa educava nella musica e nella danza, con cui s'intratteneva in feste e giochi e che saluta nostalgicamente quando partono, sposate, per altri luoghi. La leggenda favoleggiò poi dei suoi amori; la si disse suicida in mare, dalla rupe di Leucade, per amore per il barcaiolo Faone che non ricambiava tale sentimento a causa della bruttezza della poetessa. La critica, però, ritiene che la leggenda sia nata da una errata interpretazione di alcuni versi, ora perduti. Pare, invece, che sia giunta a tarda età.

Le opere

Gli antichi conoscevano di Saffo una raccolta di carmi, in nove libri, ordinata secondo criteri metrici: otto di liriche e uno a parte di epitalami. Era una delle raccolte più ampie di poesie meliche, di cui le citazioni degli scrittori posteriori ci hanno conservato solo dei frammenti, arricchiti poi dai papiri scoperti in Egitto che ci hanno restituito anche un'ode intera ed un epitalamio per le nozze di Ettore ed Andromaca.

Giudizio

Saffo trattò quasi tutti i generi della lirica monodica, e anche corale, con componimenti strofici in dialetto eolico (canti erotici, inni, epilli mitologici, epitalami, parteni). Il tema dominante della poesia di Saffo è l'amore, o almeno il sentimento, nella sua forma più schietta, nella sua immediatezza. Saffo, pur nell'eleganza e nella musicalità di una tecnica accuratissima, è poetessa istintiva, che tutto assorbe in una sfera soggettiva. Di qui la sua modernità, che ne ha fatto uno degli autori antichi più letti, studiati e tradotti ai nostri giorni. Centro della sua ispirazione è il tiaso, con le relazioni di vita e di affetti. Passano su di esso le stagioni, le ore del giorno, e Saffo è animata dalla gioia della presenza delle compagne e delle allieve, o rattristata dalla loro lontananza o annientata dalla gelosia (famose le sue descrizioni di feste e di occupazioni nel giardino, di notti solitarie, di momenti nostalgici); la sensibilità è sempre vigile, a volte si scatena in vera passione, espressa con spregiudicata schiettezza, una passione che ha dato luogo spesso a severi giudizi moralistici sulla poetessa e sul suo ambiente. Tutto si trasfigura, comunque, sotto la sua penna, in un mondo di bellezza, d'idealità dove l'analisi realistica del sentimento si accompagna a sogni fantastici e a evocazioni musicali di grande fascino. Solo negli epitalami, scritti per le cerimonie nuziali delle amiche intervengono toni più variati, dal popolaresco al ridanciano, e spunti più concreti. Anima costantemente questa poesia la vivacità del dialetto eolico, con forme epiche ioniche e risaltanti soprattutto nelle parti narrative.

Fortuna

La lirica di Saffo influì su quella dei suoi contemporanei: Alceo la conobbe e l'ammirò. La poetessa ebbe grande fama nell'Atene del V secolo e fu ammirata in età ellenistica; i commediografi la dileggiarono, Platone la definì “decima musa”.

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