Flavio Eugenio

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Dell'imperatore Flavio Eugenio, ultimo esponente della reazione pagana al cristianesimo, si hanno ben poche notizie. Egli nacque probabilmente nel 345. Inizialmente esercitò la professione di insegnante di grammatica e di retorica latina per poi passare nell’amministrazione statale dove raggiunse la carica di “'''Magister Scriniorum'''” cioè Capo della Cancelleria Imperiale.<br /> Dell'imperatore Flavio Eugenio, ultimo esponente della reazione pagana al cristianesimo, si hanno ben poche notizie. Egli nacque probabilmente nel 345. Inizialmente esercitò la professione di insegnante di grammatica e di retorica latina per poi passare nell’amministrazione statale dove raggiunse la carica di “'''Magister Scriniorum'''” cioè Capo della Cancelleria Imperiale.<br />

Revisione 12:13, 5 Gen 2007

FLAVIO EUGENIO (345? - 6.9.394)

Dell'imperatore Flavio Eugenio, ultimo esponente della reazione pagana al cristianesimo, si hanno ben poche notizie. Egli nacque probabilmente nel 345. Inizialmente esercitò la professione di insegnante di grammatica e di retorica latina per poi passare nell’amministrazione statale dove raggiunse la carica di “Magister Scriniorum” cioè Capo della Cancelleria Imperiale.
Flavio Eugenio rivestiva questa carica quando il 22 agosto del 392, a Lione, Arbogaste, che rivestiva la carica di “Magister Militum” (capo dell’esercito) lo fece proclamare Augusto dell’Occidente (cioè imperatore d’occidente) al posto del defunto Valentiniano II. Teodosio I, imperatore d’Oriente, però, non lo riconobbe e tra i due si arrivò allo scontro. In verità Flavio Eugenio, che godeva anche dell’appoggio della potente tribù dei Franchi (che proprio allora si affacciano nella Storia), cercò un accordo con Teodosio inviando ambascerie a Costantinopoli, ma senza risultato. Per tutta risposta, anzi, Teodosio I nominò Augusto d’Occidente suo figlio Onorio.
Eugenio, allora, lasciò Lione e si diresse verso Roma dove giunse nell’aprile del 393. Qui l’imperatore usurpatore mise in atto una politica di tolleranza verso coloro che non praticavano la religione cristiana consentendo la riapertura dei templi pagani, come il tempio di Venere e, soprattutto, permise la restaurazione dell’Ara della Vittoria nella curia romana per il cui ripristino era in corso una diatriba decennale tra il cristiano Ambrogio, Vescovo di Milano, ed il pagano Aurelio Simmaco, Praefectus Urbi. L’Altare della Vittoria, posta nella curia romana da Augusto nel 29 a.C., era stato, infatti, rimosso dall’imperatore Graziano nel 382 proprio su richiesta di Ambrogio e vane erano state le petizioni di Simmaco che, in fondo, oltre che il ripristino delle tradizioni antiche, non chiedeva altro che libertà religiosa. Tutto questo, non fece altro che acuire le tensioni con l’imperatore Teodosio ed il Vescovo Ambrogio. Quando Flavio Eugenio nell’ottobre del 393 giunse con la sua corte imperiale a Milano, capitale dell’impero d’occidente, Ambrogio lasciò la città e si trasferì a Bologna da dove scrisse all’imperatore usurpatore per rimproverarlo, ma anche per giustificare la sua fuga.
Flavio Eugenio, continuando la sua opera di restaurazione pagana, ripristinò le feste religiose tradizionali e furono rinnovati, tra gli altri, i culti della dea Vesta, del Sole, di Ecate, di Venere e di Ercole. Nella primavera del 394 furono celebrate le Floralie e le Megalesie. L’imperatore concede anche, come dono personale, i sussidi per il culto pagano che è normalmente ripristinato.
Flavio Eugenio era consapevole che si sarebbe arrivati allo scontro armato. Ormai era chiaro che il conflitto tra i due non era solo la battaglia di due imperatori antagonisti (come già era successo in passato, ma anche lo scontro tra due religioni e, forse, tra due culture opposte: il vecchio paganesimo morente ed il cristianesimo che si andava prepotentemente affermando. Si stava assistendo quasi alla riedizione dello scontro tra Costantino e Massenzio dell’inizio del secolo.
Nel 394 Teodosio cominciò i preparativi per la riconquista dell’occidente e mise in campo un forte esercito, il cui comando era affidato a Stilicone, costituito da truppe germaniche, in particolare Visigoti, Alani ed Unni. Teodosio, in stile crociato ante litteram, partì da Costantinopoli diretto verso l’Italia, dopo una serie di preghiere e digiuni.
Eugenio, dal canto suo, nominò Prefetto del Pretorio in Italia Nicomaco Flaviano. Questi aveva già riporto la stessa carica con Teodosio, ma, vedendo rifiorire le sorti del paganesimo grazie a Flavio Eugenio, passò dalla sua parte e diventò attivissimo coadiutore dell’imperatore nella sua opera di restaurazione.
Lo scontro finale tra Flavio Eugenio e Teodosio (chiamato “Battaglia del Frigido) avvenne nei pressi del fiume Frigido. La battaglia cominciò il pomeriggio del 5 settembre 394 e continuò fino al giorno successivo.
Teodosio attaccò per primo mettendo in prima linea i Goti, ma le truppe di Flavio Eugenio, che issavano le insegne di Giove, respinsero l’attacco e iniziarono un vero e proprio massacro degli avversari fino a costringerli alla ritirata. Le ostilità furono sospese durante la notte. In questo lasso di tempo un nutrito gruppo di militari di Eugenio, dietro ricco compenso, passarono dalla parte del nemico. Nonostante ciò, la battaglia che riprese il giorno successivo rimaneva ancora incerta.
A determinare l’esito dello sconto fu la bora che prese a soffiare impetuosamente in senso contrario alle truppe di Flavio Eugenio. La situazione per l’esercito dell’Occidente diventò critica: gli scudi frenavano lo slancio dei soldati, anzi li schiacciano tra loro, le lance ed i dardi scagliati ritornavano indietro, la sabbia colpiva il volto dei soldati fino ad accecarli. Fu così che, non certo per mancanza di valore dei suoi, l’imperatore Flavio Eugenio andò incontro ad un’irrimediabile sconfitta.
Finiva così l’ultimo tentativo di fermare la diffusione del Cristianesimo nell’Occidente e con esso la vita dell’imperatore Flavio Eugenio che nello stesso giorno (6.9.394) fu catturato e messo a morte.


thumb_olevano-11-003.jpg Lavori in corso sul laboratorio

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