Menandro
Da Pklab.
Revisione 12:42, 7 Set 2008 Anonimo olevanese (Discussione | contributi) (→Fortuna) ← Go to previous diff |
Revisione 12:43, 7 Set 2008 Anonimo olevanese (Discussione | contributi) (→Fortuna) Go to next diff → |
||
Riga 31: | Riga 31: | ||
- | Torna a [[Liciano di Samosata]] oppure Vai a [[Meleagro]] | + | Torna a [[Luciano di Samosata]] oppure Vai a [[Meleagro]] |
Revisione 12:43, 7 Set 2008
MENANDRO (343 - 292 a.C.)
Busto di Menandro (scaricata da Internet)
Table of contents |
La vita
Menandro, il poeta più rappresentativo della Commedia Nuova, fu iniziato all'arte comica dallo zio, il comico Alessi di Turi, un poeta molto famoso ed applaudito.
Menandro nacque ad Atene verso il 343 a.C., da una famiglia aristocratica di elevata condizione economico-sociale. Egli trascorse una esistenza priva di gloria (in vita, infatti, non fu mai amato dal pubblico) tutta rivolta alla moglie che non lasciò mai. Questo poeta era abbastanza ricco e possedeva una villa sul Pireo che non volle lasciare neppure sotto l'invito del Re Tolomeo; ebbe relazioni di amicizia con i filosofi del tempo come Epicuro (di cui condivideva alcuni principi), lo stoico Zenone; fu anche allievo ed amico di Teofrasto (autore di un'opera sui caratteri) e godette dell'amicizia di molte personalità politiche.
Menandro morì nel 292 a.C. ad Atene, colto da un malore, mentre faceva il bagno, all'età di circa 52 anni.
Le opere
Menandro fu un lavoratore eccezionale e di vena facile. A questo proposito si narra un aneddoto: ad un amico che gli ricordava che le Dionisiache erano vicine ed egli non aveva ancora preparato una commedia da rappresentare, il poeta rispose: "Si, per gli dei, la commedia è pronta! Il soggetto c'è, bisogna solo metterlo in versi!".
Si diede al teatro giovanissimo; aveva, infatti, solo diciannove anni quando presentò la sua prima commedia (secondo alcuni il "Punitore di se stesso") che in seguito, con alcune altre, fu adoperata come modello da Terenzio. Nella sua breve vita di scrittore (circa 30 anni) scrisse circa 107 commedie, ma vinse solo 8 volte; ebbe un po' la sorte che capiterà poi a Terenzio il quale dovette presentare per ben tre volte una sua commedia prima che fosse applaudita.
Fino a pochi decenni addietro non avevamo nessuna commedia intera di questo autore; nel 1957, però, alcuni mercanti vendettero dei fogli di papiro contenente proprio una commedia intera (L'uomo dal carattere difficile o il Burbero o il Misantropo del 317 a.C.).
Di parecchie commedie di Menandro è possibile, in vario modo, ricostruire la trama, che non si allontana mai molto da uno schema quasi fisso: le difficoltà di una situazione amorosa o familiare, sempre felicemente risolte dopo un complicato intrecciarsi di vicende. Ci sono discretamente note altre tre commedie, che erano anche tra le più famose di Menandro,: “L'arbitrato”, capolavoro dell'arte matura del commediografo e di cui si possiedono circa i due terzi; “La tosata”, di cui si ha quasi la metà; “La Donna di Samo” di cui è giunta l'ultima parte. Erano poi famose “L'apparizione”, “La Donna di Perinto”, “La collana”, “I fratelli”, anche per le imitazioni che se ne fecero da parte di commediografi più tardi. L'idea, l'ambiente, il tono di queste commedie è totalmente diverso da quello della commedia antica, che erano piene di stravaganze, di fantasie e di polemica politica.
Con Menandro prende corpo quella che fu detta la "commedia nuova", destinata a tenere ormai definitivamente il palcoscenico.
Giudizio
Menandro si rivela subito diverso da Aristofane; egli sente che non vale la pena di parodiare i suoi simili: li rappresenta così come sono e per questo la sua commedia fu detta "specchio di vita". Non ricercò la forza comica che suscita il riso, la sua è una comicità diversa, quasi spenta: direi una malinconia del personaggio nei confronti della realtà. La sua lingua è lontana da ogni volgarità, è più nobile, sembra quasi sorridere ai suoi personaggi; non deride nessuno ed incomincia a guardare il prossimo con amore. Per la prima volta si mette in luce il carattere del personaggio ed in questo gli fu senza dubbio utilissimo l'insegnamento di Teofrasto.
Menandro non discende dalla Commedia, ma continua la tragedia di Euripide. Bisogna, però, aggiungere che egli torna alla concezione originaria di tragedia, ritorna ad Eschilo: i suoi personaggi, infatti, da una posizione di colpa raggiungono lo stato di purificazione attraverso la sofferenza fisica. Bisogna anche dire che se il poeta rifiuta il mito eroico, mitizza a sua volta gli eventi della vita quotidiana e così, racchiudendo un senso profondo, la sua commedia è più attuale.
Fortuna
Menandro rappresenta! La morale la devono trarre gli spettatori … e questo spiega perché da vivo sul teatro non ebbe molta fortuna: il popolo voleva ridere e divertirsi, non riflettere. Con il tempo la sua fama si consolidò ed ebbe la stima di tutta l'antichità. Fu infatti considerato una dei più valenti poeti greci e certamente non del tutto immeritatamente se Aristofane di Bisanzio, che tra tutti i poeti greci dava il primo posto ad Omero e il secondo a Menandro, si narra abbia detto: "O Menandro e vita, quale di voi due ha imitato l'altro?".
A Menandro, attraverso i rifacimenti latini, si ricollega la commedia delle letterature europee nell'età rinascimentale.
editus ab
Torna a Luciano di Samosata oppure Vai a Meleagro