Simmaco

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Quinto Aurelio Simmaco fu sicuramente un buon oratore. Ci è difficile dire se fu anche un buon politico. Il fatto è che egli fu costantemente dalla parte perdente e, di conseguenza, gli possono essere imputi una infinità di errori.<br /> Quinto Aurelio Simmaco fu sicuramente un buon oratore. Ci è difficile dire se fu anche un buon politico. Il fatto è che egli fu costantemente dalla parte perdente e, di conseguenza, gli possono essere imputi una infinità di errori.<br />
Tutta la sua vita politica e la sua carriera è un susseguirsi di sconfitte. Tutto ciò, però, gli deriva dal fatto che egli si schierò in difesa del paganesimo contro l’ormai inarrestabile trionfo del Cristianesimo.<br /> Tutta la sua vita politica e la sua carriera è un susseguirsi di sconfitte. Tutto ciò, però, gli deriva dal fatto che egli si schierò in difesa del paganesimo contro l’ormai inarrestabile trionfo del Cristianesimo.<br />
-Non si può giudicare negativamente Simmaco solo perché non capì la forza vincente della nuova religione. L’idea principale della sua esistenza, infatti, non era certo la religione, ma qualcosa che la racchiudeva: la grandezza di Roma … e non si può negare che Quinto Aurelio Simmaco lottò con tutte le forze perché il nome e la tradizione romana tornassero allo splendore di un tempo.+Non si può giudicare negativamente Simmaco solo perché non capì la forza vincente della nuova religione. L’idea principale della sua esistenza, infatti, non era certo la religione, ma qualcosa che la racchiudeva: la grandezza di Roma … e non si può negare che Quinto Aurelio Simmaco lottò con tutte le forze perché il nome e la tradizione di Roma tornassero allo splendore di un tempo.
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Revisione 16:37, 8 Dic 2007

QUINTO AURELIO SIMMACO (340 – 402)

Quinto Aurelio Simmaco fu uomo politico, oltre che scrittore ed oratore. Strenuo difensore della tradizione pagana, Simmaco tentò di riesumare i culti pagani, ma in questa sua opera trovò l’opposizione di Sant’Ambrogio.

La vita

Quinto Aurelio Simmaco nacque probabilmente nel 340. Dopo aver ricevuto un’accurata educazione scolastica e culturale, si avviò alla vita pubblica e già nel 364-365 lo troviamo "Corrector" del Brutium e della Lucania. Nel 369-370 fu a Treviri, alla corte dell’imperatore Valentiniano I e qui fece la conoscenza di Ausonio che era il precettore di Graziano, figlio dell’imperatore. Il 25 febbraio del 369 Simmaco compose un panegirico per il quinquennale di Valentiniano e forse anche il panegirico per Graziano (che qualche studioso pone nel 372). Nel 370 scrisse un nuovo panegirico per il terzo consolato di Valentiniano e nello stesso anno fece ritorno a Roma. Qui sposò Rusticana dalla quale ebbe una figlia (nel 371) e, dopo vari anni, un maschio cui diede il nome di Fabio Memmio Simmaco.
Nel 373 Simmaco fu proconsole in Africa. Nel 382 lo vediamo alla guida di una delegazione di senatori per discutere con Graziano sulla questione dell’Ara della Vittoria, ma l’imperatore non volle riceverlo. Diventato "Praefectus Urbis" nel giugno del 384, affrontò, in tale veste, la questione dell’Ara della Vittoria con l’imperatore Valentiniano II, ma trovò l’opposizione di Ambrogio e ne ebbe la peggio. Sembra che durante la prefettura di Simmaco, terminata nel febbraio del 385, ci fu un bando di espulsione degli stranieri da Roma dovuto ad una crisi di approvvigionamento alimentare dell’Urbe. Potrebbe sembrare una macchia nell’attività politica di Simmaco, ma, a ben pensare, il decreto ben si attaglia alle idee che animavano lo spirito di Simmaco.
Quando l’imperatore usurpatore Massimo Magno nel 387 scese in Italia, Simmaco si schierò con lui ed il 1.1.388 ne celebrò il panegirico (ora perduto). Massimo, però, fu vinto da Teodosio e Simmaco si salvò rifugiandosi in una chiesa di scismatici novaziani. In seguito, però, fu perdonato da Teodosio, divenuto imperatore, ed ottenne anche il consolato, carica che assunse il 1.1.391.
Simmaco, però, non aveva certo abbandonato la fede pagana ed il tentativo di perorare ancora la causa dell’Ara della Vittoria gli procurò attriti con l’imperatore che lo allontanò bruscamente. Da quel momento si tenne in disparte anche in momenti favorevoli, come durante l’usurpazione del pagano Flavio Eugenio (392 – 394) e nonostante il figlio fosse questore (393) ed il genero Praefectus Urbi.
Dopo che l’imperatore Flavio Eugenio, il campione attorno al quale si era raccolta la reazione del vecchio mondo pagano, fu sconfitto a Frigido dall’imperatore Teodosio e messo a morte, Simmaco si dedicò solo alla vita privata ed alla carriera del figlio. Nel Febbraio del 402, però, si recò ancora una volta a Milano ed ancora una volta per perorare, inutilmente, la causa dell’Ara della Vittoria presso l’imperatore Onorio.
La morte lo colse, probabilmente durante il viaggio di ritorno da Milano, nello stesso anno 402.

Le opere

Simmaco scrisse Orazioni, Relationes, Lettere e poesie. Delle sue orazioni restano solo frammenti, anche se abbastanza ampi. Ci resta un “Corpus di Relationes”, una raccolta di 49 documenti ufficiali relativi al suo incarico di “prefectus urbis”. Di Simmaco, poi, abbiamo un epistolario, in 10 libri, di svariato argomento: dai più semplici, come saluti e notizie di vita quotidiana, a quelle più rituali scritte in qualità di senatore e trattanti argomenti politici.
Simmaco scrisse anche poesie, di cui ci resta molto poco.

Giudizio

Quinto Aurelio Simmaco fu sicuramente un buon oratore. Ci è difficile dire se fu anche un buon politico. Il fatto è che egli fu costantemente dalla parte perdente e, di conseguenza, gli possono essere imputi una infinità di errori.
Tutta la sua vita politica e la sua carriera è un susseguirsi di sconfitte. Tutto ciò, però, gli deriva dal fatto che egli si schierò in difesa del paganesimo contro l’ormai inarrestabile trionfo del Cristianesimo.
Non si può giudicare negativamente Simmaco solo perché non capì la forza vincente della nuova religione. L’idea principale della sua esistenza, infatti, non era certo la religione, ma qualcosa che la racchiudeva: la grandezza di Roma … e non si può negare che Quinto Aurelio Simmaco lottò con tutte le forze perché il nome e la tradizione di Roma tornassero allo splendore di un tempo.


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