Tibullo

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 +Albio Tibullo nacque intorno al 60 a.C. forse nella cittadina laziale di Gabi. Venuto a Roma, fu membro del circolo repubblicano di Messalla Corvino e con questo eminente personaggio partecipò alla spedizione militare contro gli Aquitani e, successivamente, fu in Oriente a combattere contro i Cilici.<br />Il circolo di Messalla, per il suo disimpegno politico, rispondeva molto bene alle aspirazioni del poeta, che mirava a una vita tranquilla, fra la quiete dei campi e della famiglia.<br />Tibullo morì verso il 19 a.C..
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 +== Le opere ==
 +Dei tre libri di elegie tramandati sotto il nome di Tibullo, i primi due contengono carmi sicuramente tibulliani (10 nell'uno e 6 nell'altro), dedicati rispettivamente a una Delia (realmente esistita, il cui nome era forse Plania) e ad una Nemesi (donna forse immaginaria, cantata come rivalsa per il tradimento di Delia).<br />L'amore per Delia ha momenti alterni di felicità e di disinganno ma è sempre delicato e sognante, quello per Nemesi ha accenti di intensa passione sensuale. Il Tibullo più tipico e più grande è certo il primo, per i suoi accenti semplici, le delicate atmosfere, la musicalità gentile, la limpidità del dettato; soprattutto per quel suo sfumare tra realtà e sogno, quel naturale passaggio fra circostanze reali e pura immaginazione. Poi la sua Musa si mostra meno sincera e appare stanca al canto di sentimenti meno spontanei.<br />Quanto al terzo libro del cosiddetto Corpus Tibullianum, esso contiene poesie di minor conto e di vari autori, tutti appartenenti al circolo di Messalla. Le prime 6 elegie sono rivolte a una Neera e risalgono a un certo Ligdamo; segue un anonimo Panegirico di Messalla, forse dello stesso Tibullo; 5 brevi elegie in cui una poetessa, Sulpicia, canta il proprio amore per Cerinto; infine un'ulteriore elegia erotica e un epigramma, forse di Tibullo.
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 +== Giudizio ==
 +Tibullo scrisse nella forma esclusiva dell'elegia che con lui assunse il carattere di una poesia nostalgica, di una confessione sognante, di uno sfogo amoroso, priva spesso di vigore ma fortemente lirica e musicale.
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Albio TIBULLO


La vita

Albio Tibullo nacque intorno al 60 a.C. forse nella cittadina laziale di Gabi. Venuto a Roma, fu membro del circolo repubblicano di Messalla Corvino e con questo eminente personaggio partecipò alla spedizione militare contro gli Aquitani e, successivamente, fu in Oriente a combattere contro i Cilici.
Il circolo di Messalla, per il suo disimpegno politico, rispondeva molto bene alle aspirazioni del poeta, che mirava a una vita tranquilla, fra la quiete dei campi e della famiglia.
Tibullo morì verso il 19 a.C..

Le opere

Dei tre libri di elegie tramandati sotto il nome di Tibullo, i primi due contengono carmi sicuramente tibulliani (10 nell'uno e 6 nell'altro), dedicati rispettivamente a una Delia (realmente esistita, il cui nome era forse Plania) e ad una Nemesi (donna forse immaginaria, cantata come rivalsa per il tradimento di Delia).
L'amore per Delia ha momenti alterni di felicità e di disinganno ma è sempre delicato e sognante, quello per Nemesi ha accenti di intensa passione sensuale. Il Tibullo più tipico e più grande è certo il primo, per i suoi accenti semplici, le delicate atmosfere, la musicalità gentile, la limpidità del dettato; soprattutto per quel suo sfumare tra realtà e sogno, quel naturale passaggio fra circostanze reali e pura immaginazione. Poi la sua Musa si mostra meno sincera e appare stanca al canto di sentimenti meno spontanei.
Quanto al terzo libro del cosiddetto Corpus Tibullianum, esso contiene poesie di minor conto e di vari autori, tutti appartenenti al circolo di Messalla. Le prime 6 elegie sono rivolte a una Neera e risalgono a un certo Ligdamo; segue un anonimo Panegirico di Messalla, forse dello stesso Tibullo; 5 brevi elegie in cui una poetessa, Sulpicia, canta il proprio amore per Cerinto; infine un'ulteriore elegia erotica e un epigramma, forse di Tibullo.

Giudizio

Tibullo scrisse nella forma esclusiva dell'elegia che con lui assunse il carattere di una poesia nostalgica, di una confessione sognante, di uno sfogo amoroso, priva spesso di vigore ma fortemente lirica e musicale.


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