Pensionati dell'eterno

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-'''''Pensionati dell’eterno ed impiegati della narrazione''''' 
-'''di''' 
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-'''MARCO''' 
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-Gli dei omerici sono stati definiti, con molta acutezza, “pensionati dell’eterno” ed anche “impiegati della narrazione”. Proviamo ad analizzare il perché di queste definizioni ed il loro significato. 
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-Per quanto riguarda la prima asserzione, è chiaro e quasi ovvio il termine “eterno”, essendo gli dei omerici esseri immortali. Ma perché definirli “pensionati”? Certamente l’epiteto deriva dal fatto che gli dei, nella loro vita immortale, non hanno né un lavoro né un’occupazione e sono, quindi, del tutto simili a moderni pensionati. In più, rispetto a questi, possono fare ciò che più aggrada loro e senza alcun timore di sorta proprio perché hanno la certezza del domani in quanto immortali. La loro esistenza scorre felice, senza intoppi ed in fondo, per tantissimi versi, molto somigliante a quella degli uomini, come possiamo vedere nei versi 488-611 dell’Iliade nei quali si descrive un banchetto in cui Zeus ed Era litigano e poi sono riappacificati dal figlio Efesto. Gli dei non si devono preoccupare di niente, non hanno timore di malattie o di rovesci della sorte e probabilmente per questi motivi la loro vita diventa alquanto. Cosa si inventano, allora, per svagarsi un poco? Seguire le vicende umane, affannarsi per loro, amarli, odiarli, quasi come vedendo un film o, meglio ancora, in un videogioco. 
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-Sono proprio gli uomini che offrono agli dei le occasioni per occupare il loro illimitato tempo, per riempire la propria vita di “pensionati dell’eterno”. 
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-“Impiegati della narrazione”, invece, è una definizione più tecnica che si riferisce all’uso che Omero “fa degli dei”: li fa intervenire per mettere in movimento tutto il meccanismo della narrazione. A conferma di quanto detto, c’è da ricordare come nasce lo spunto principale dell’Iliade: l’ira di Achille, susseguente alla lite con Agamennone, è dovuta a questo vaticinio di Calcante: “non per un voto mancato egli si lagna, ma a causa del sacerdote cui Agamennone oltraggiò e non liberò la figlia: per questo il lungisaettante ha dato dolori e ancora darà …”. Quindi Apollo è usato come uno strumento per trovare il pretesto della lite e da lì si snoderà tutta la vicenda dell’Iliade e, se vogliamo, nascerà anche l’Odissea. Anche nel proemio possiamo ritrovare lo stesso elemento: “e qual mai dio li incitò a combattere in discordia”. 
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-Un’altra particolarità è il fatto che, quando interviene una divinità, l’azione si ferma per poi riprendere quando il dio esce di scena. Nel primo libro, ad esempio, Atena ferma Achille che sta per uccidere Agamennone e parla con lui. Nel frattempo nessuno parla e si muove. Tutto riprende dopo che Atena va via. 
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-Questo ci sembrerà un po’ strano, ma la tecnica narrativa di Omero è basata nel susseguirsi di scene che non prevede accorgimenti che facciamo si che l’intervento divino non interrompa la continuità dell’azione. 

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