Mezenzio

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MEZENZIO
Il tiranno di Cerveteri tra storia e leggenda

Mezenzio (o Mesenzio) ha una peculiarità tutta sua: è un personaggio etrusco, per altro tra i più antichi, ma appartiene alla mitologia romana. Essendo, però, uno straniero e dovendo rappresentare il simbolo sia del dominatore sia dell’implacabile nemico vincitore di mille battaglie, Mezenzio, fra tutti gli etruschi della storia e della mitologia, è il personaggio più maltrattato e, fra tanti eroi, quello che fa la figura peggiore.

Egli, stando alla leggenda e alla mitologia romana, visse all’epoca della caduta di Troia ed appartenne alla generazione etrusca subito successiva a quella che arrivò in Italia sotto la guida del mitico Tirreno. Era re di Caere (l’attuale Cerveteri) ed era conosciuto per la sua eccessiva crudeltà.

Mezenzio è più volte citato, da Catone il Censore in poi, soprattutto a proposito delle “Vinalie” (le feste del vino) durante le quali i latini libavano a Giove offrendogli il vino che prima erano costretti a consegnare al re di Caere come tributo. Anche Virgilio, nella sua Eneide, riprende una leggenda risalente a Catone il Censore. Secondo questo poeta, quando il troiano Enea sbarcò nel Lazio ed entrò in conflitto con Turno, il re dei Rutuli, Mezenzio (che regnava appunto su Caere) corse subito e per primo in aiuto di quest’ultimo con un esercito cittadino. Egli fu l’unico, fra tutti gli Etruschi, ad allearsi con Turno, mentre gli altri sovrani tirreni si schierarono a fianco di Enea. Mezenzio si scontrò ripetutamente con i troiani, battendosi con valore. Spesso il cerita prese il posto di Turno in prima linea, ma purtroppo alla fine restò ucciso in un combattimento contro Enea; stessa sorte toccò al figlio Lauso che era corso in suo aiuto.

A questo punto parliamo brevemente anche del figlio di Mezenzio, Lauso appunto, che fa da contrasto al feroce tiranno. Se Mezenzio è detto da Virgiliodei numi empio e disprezzatore”, il figlio Lauso è definito come il più bello dopo Turno, abile cacciatore e cavaliere, ottimo guerriero e meritevole di avere un padre migliore. La morte dei due, descritta da Virgilio, è commovente. Lauso, avendo visto il padre in difficoltà contro Enea, corre in suo aiuto e si avventa sul troiano, ma rimane. Allora Mezenzio affronta ancora Enea e gli chiede, qualora ucciso, di essere seppellito accanto al figlio.

Secondo un’altra versione della leggenda, Mezenzio si trovava presso Turno perché era stato scacciato da Caere proprio a causa della sua crudeltà ed empietà. La fine, però, non cambia: morte in combattimento contro Enea (o con suo figlio Ascanio).

Virgilio, infine, per dimostrare la crudeltà del tiranno etrusco, gli attribuisce un supplizio (detto appunto “supplizio di Mezenzio”) consistente nel legare una persona viva faccia a faccia con un cadavere. La crudeltà, la ferocia e l’empietà di Mezenzio, però, dal punto di vista storico sono sicuramente da far risalire a fonti greche e rappresentano una propaganda contro la città di Caere, responsabile della lapidazione dei prigionieri focesi, bottino di guerra della famosa battaglia di Alalia del 435 a.C..

Di là del mito, in ogni caso, Mezenzio rappresenta un momento della dominazione etrusca sul Lazio che si estendeva dai monti della Tolfa (lucumonia di Caere) fino alla zona di Ardea (rappresentata appunto da Turno). Volendo, però, si può vedere nel condottiero di Caere anche un campione nazionale che difende (in alleanza con Turno) il suolo italico dall’invasore troiano Enea.


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