Magistrature nell'Antica Roma

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MAGISTRATURE NELL'ANTICA ROMA


In Roma il termine "magistratus" indicava sia la persona sia rivestiva una carica pubblica sia la carica stessa. Il termine si richiamava a "magis" = più, da cui "magister", colui che è più degli altri, vale a dire il "capo". In età regia i poteri magistratuali appartenevano al rex. Con l'età repubblicana si affermò il sistema magistratuale quale fondamento costituzionale dello Stato, assieme al Senato e alle assemblee popolari.

In un primo tempo i magistrati supremi (consoli, pretori, censori, dittatori) rappresentavano l'intero Stato, ricevendo il potere esecutivo dal Senato e dal popolo. Ai magistrati patrizi già nel secolo V a. C. furono contrapposti altri magistrati plebei, i tribuni e gli edili, ma il carattere rivoluzionario di questi venne meno quando, a cominciare dalle leggi Licinie Sestie del 367 a. C., i plebei furono gradualmente ammessi a tutte le magistrature dello Stato.

I magistrati erano tutti eletti. I comizi centuriati eleggevano i consoli, i pretori, i censori, gli edili curuli; i comizi tributi eleggevano i tribuni, gli edili della plebe, i questori e i tribuni militari elettivi; i magistrati erano per lo più due per ogni carica ed esercitavano la funzione per un anno, salvo i censori che erano eletti ogni 18 mesi.

Alcune cariche erano straordinarie. Il dittatore, ad esempio, non era eletto, ma era nominato in via straordinaria e non poteva durare in carica più di sei mesi. Magistrati straordinari furono anche i tribuni militari con potestà consolare, periodicamente eletti tra il secolo V e il IV a. C., e i decemviri per la codificazione delle XII Tavole nel 451-450 a. C.. Le magistrature erano aperte a tutti i cittadini di pieno diritto e di sesso maschile, ma in pratica vi potevano accedere solo esponenti delle grandi famiglie che avevano peso nel Senato.

I magistrati esplicavano compiti amministrativi, giudiziari e militari. Quelli superiori, consoli, pretori e dittatori, avevano l'imperium sancito fino a tarda epoca da una legge emanata dal comizio curiato. Il principio della collegialità comportante l'intercessio, il diritto cioè di opporsi agli atti del collega, impedì ogni tentativo sovvertitore della legalità.

L'ordine di successione man mano fissato per rivestire le magistrature, l'età necessaria stabilita dalle "leges annales" per la presentazione delle candidature, gli intervalli di tempo fissati tra l'una e l'altra carica, dalla questura alla pretura al consolato (cursus honorum), valsero a contenere le ambizioni, anche se non mancarono abusi.

Nessuna remunerazione, oltre le indennità per spese militari o di celebrazioni, spettava ai magistrati romani: il ricoprire le cariche pubbliche era considerato un dovere e un onore. Ciò, però, non impedì che i magistrati si arricchissero con le prede di guerra e le estorsioni ai provinciali.

Quando le campagne di guerra furono condotte in territori lontani, i poteri del magistrato cominciarono ad essere prorogati oltre l'anno di carica e nacque così l'istituto della promagistratura, la quale neutralizzò gli effetti della collegialità spianando la strada all'avvento del principato.

Le magistrature sopravvissero anche in età imperiale, prima con poteri delegati, poi sempre più con compiti onorifici. Anche il sistema elettivo durato per qualche tempo finì presto con l'essere abbandonato e la scelta passò direttamente all'imperatore.


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ACTUARIUS (Attuario)

Ufficiale che nell'esercito imperiale romano sorvegliava l'approvvigionamento e la distribuzione dei viveri ai soldati e che nel contempo teneva il registro delle operazioni militari.

AEDILIS (Edile)

L’edilità era una magistratura curule annuale risalente probabilmente al 484 a.C. ed inserita nel cursus honorum senatorio. Inizialmente riservata alla plebe (aedilis plebis), divenne una magistratura aperta promiscuamente anche al patriziato. Con l'ingrandirsi di Roma, i loro compiti originari si estesero. Gli edili ebbero così il compito di curare il funzionamento di vari servizi pubblici: avevano funzioni di polizia urbana, sovrintendevano alle costruzioni, ispezionavano gli edifici, vegliavano sulla sicurezza della città, sorvegliavano le cerimonie religiose, sovrintendevano ai mercati, assicuravano gli approvvigionamenti, organizzavano i giochi pubblici. Soprattutto con quest'ultimo compito, essi si procuravano grande popolarità, di cui si servivano poi ai fini della carriera politica. In età imperiale molti loro compiti furono trasferiti ai pretori, ai questori e al prefetto della città. Edili con compiti giudiziari e di polizia urbana si ebbero anche nei municipi e nelle colonie.

- Aedilis plebis

In numero di due, provenienti dai plebei, avevano l’incarico originario di addetti al tempio di Cerere in cui erano l’archivio e la cassa dello Stato. Fu la prima magistratura ottenuta dalla plebe.

- Aedilis curulis

In numero di due, alternativamente patrizi e plebei, affiancarono gli edili plebis dal 367 a.C., con compiti anche giudiziari Furono detti curulis perché a loro fu assegnato il diritto della sella curulis, distintivo delle magistrature più importanti. Aedilis cereali: In numero di due, di condizione plebea, furono istituiti da Giulio Cesare con il compito di vigilare sugli approvvigionamenti della città.

AQUILIFER (Aquilifero)

Il soldato che reggeva l'aquila, emblema dell'antica legione romana. Faceva parte della centuria del primipilo.

Augure

Sacerdote che aveva il compito di interpretare il volere divino attraverso l’osservazione di alcuni segni. Gli auguri formavano un collegio che tradizionalmente si faceva risalire a Romolo e che ai tempi di Giulio Cesare era costituito da sedici membri. Il loro responso determinava la possibilità o meno di intraprendere guerre, tenere i comizi e altro.

Centumviro

Membro di uno speciale collegio giuridico preposto a giudicare su questioni di diritto privato (eredità, tutela ed altro).

Censore (Censor)

La censura, magistratura curule, fu istituita nel 443 a.C.. I Censori erano due e fino al 350 a.C. erano esclusivamente patrizi ed erano eletti per consuetudine tra gli ex consoli nel comizio centuriato. Duravano in carica diciotto mesi (in origine cinque anni) ed alla fine del mandato compivano una cerimonia di purificazione, lustrum. Erano preposti al censo, alla sorveglianza sulla moralità pubblica e privata (con la facoltà di disapprovare ufficialmente, mediante la nota censoria, i comportamenti dei cittadini non conformi ai costumi tradizionali), al controllo su appalti, esazione e rendite dello Stato e sul pubblico erario. L’importanza dei censori crebbe con l’estendersi dei loro compiti: revisione della lista dei senatori (dal 312 a.C., lectio senatus) e dei cavalieri, compilare il bilancio in base alle entrate dello Stato, appalto dei lavori pubblici, manutenzione degli edifici pubblici. La censura perdette d'importanza nell'ultima età repubblicana e scomparve in età imperiale

Console (Consul)

Il consolato era una magistratura curule di durata annuale, e che come tale dava il nome all’anno, affermatasi in Roma dopo la caduta della monarchia, tra il secolo VI e il V a. C.. Continuò anche in età imperiale, fino a tutto il secolo V d. C., ma perdendo gradualmente potere e prerogative. I consoli, in numero di due, erano i reggitori dello Stato romano antico. Il loro potere originario era in realtà ancora quello del re, ma con la limitazione dell'annualità della carica e del reciproco controllo nell'esercizio di essa. E’ probabile che all'inizio i consoli fossero i comandanti dei due reparti dell'esercito regio; perciò erano anche chiamati praetores (pretori); ad essi furono deferiti i supremi poteri dello Stato quando il re Tarquinio il Superbo fu deposto. La loro stretta connessione con l'esercito è implicita anche nel fatto che la loro elezione aveva luogo nel comizio centuriato. Nel corso del secolo V a. C., salvo forse nei primi anni, il consolato fu rivestito solo da esponenti del patriziato: i plebei vi furono ammessi, ma limitatamente a un seggio, solo nel 367, con le leggi Licinie Sestie, dopo lotte tenaci che per un certo periodo avevano anche fatto interrompere la magistratura, sostituita periodicamente da un collegio di tribuni militari forniti di poteri consolari (da quattro fino a sei), cui potevano essere eletti anche plebei. Alla metà del secolo V, alcune delle prerogative dei consoli furono demandate a un nuovo magistrato, il censore. Nel 367 fu creato un terzo pretore per l'esercizio dei poteri giurisdizionali: d'allora in poi gli altri due pretori furono chiamati solo consoli. Ad ambedue i seggi i plebei furono ammessi solo nel 172 a. C. Quali detentori del potere esecutivo, il loro campo d'azione era vastissimo: comando militare, diritto di convocare le assemblee, proposte di leggi, censo e appalti pubblici quando i censori non erano in carica, amministrazione finanziaria. Quando lo Stato romano s'ingrandì, si fissarono, per l'elezione a console, norme restrittive riguardo all'età, all'intervallo per una nuova nomina, alla carriera precedente; queste norme cominciarono a essere violate nell'arroventato periodo postgraccano (Mario si fece eleggere console per cinque anni di seguito), ciò che ne preparò il declino. Già con Silla dal comando militare dei console fu esclusa l'Italia; l'imperatore Tiberio trasmise la loro elezione al Senato. Essi perdettero così gli antichi compiti civili e giudiziari a vantaggio di funzionari direttamente dipendenti dall'imperatore (prefetti e procuratori), ricevendo, come magro compenso, nuovi compiti onorifici.

Corniculario (Cornicularius)

Sottufficiale addetto a un Ufficiale Superiore o posto a dirigere una cancelleria militare o con mansioni di segretario di un funzionario civile

Correttore (corrector)

Funzionario di epoca imperiale che affiancava il governatore nel vigilare sulle città libere delle province.

Decemviro (Decemvir)

Magistrato curule. Membro di un collegio di 10 magistrati con varie funzioni, di natura sia civile che religiosa.

Decemvir stilitibus iudicandis

membro di collegio di antica origine, ma attestato nel 2° secolo a.C. che giudicava le cause di libertà;

Decemvir agris dandis adsignandis

membro di un collegio straordinario e definito da apposita legge preposto alla divisione ed assegnazione dell’agro pubblico;

Decemvir coloniae deducendae

membro di un collegio straordinario e definito da apposita legge preposto alla divisione ed assegnazione dell’agro pubblico in occasione della fondazione di una colonia;

Decemvir sacris faciundis

membro di un collegio sacerdotale addetto all’interpretazione degli oracoli sibillini ed al controllo dei culti stranieri;

Decemvir legibus scribundis et rei pubblicae constituendae

Secondo la tradizione, questa magistratura collegiale straordinaria fu istituita nel 451 a.C., nel momento più critico della lotta tra patrizi e plebei. Essa era composta da 10 patrizi delegati dal Senato a codificare le leggi e le consuetudini. Essa doveva avere la durata di un anno. Sotto la direzione di Appio Claudio, i decemviri redassero un codice di leggi su dieci tavole. La magistratura fu riconfermata per l’anno successivo (450 a.C.) allo scopo di completare l’opera intrapresa. Furono così elaborate altre due tavole di leggi che, nonostante la presenza di cinque plebei in questo secondo collegio, furono giudicate inique (vi era riconfermata la proibizione del matrimonio tra patrizi e plebei. Un tentativo del collegio di mantenere il potere e costituire una tirannide collegiale fu stroncato dalla reazione della plebe che ottenne il ripristino delle magistrature ordinarie. Per la cronaca, le dodici tavole, elaborate e modificate, costituirono la base del diritto processuale e penale repubblicano.

Decumanus (decumano)

Appaltatore, per conto dello Stato, delle decime sui prodotti agricoli, pagate da alcune città della Sicilia.

Dittatore (Dictator)

In età repubblicana, era un magistrato nominato, in via straordinaria, per l'adempimento di compiti eccezionali quasi sempre di carattere militare, talvolta anche religiosi. Il dittatore non poteva restare in carica per più di sei mesi; era nominato in età antica dai consoli su richiesta del Senato, e più avanti nei comizi. Il suo potere prevaleva su quello di ogni magistrato in carica. Lo scortavano 24 littori. Portava anche il nome di magister populi, per il comando supremo che aveva dell'esercito campale (detto anticamente populus); come tale si nominava un comandante in sottordine per la cavalleria, detto appunto magister equitum. Al dittatore era vietato di andare a cavallo. Nel secolo III a. C., quando anche la sua carica fu assoggettata al diritto d'appello al popolo, non vi si fece ricorso che raramente, come avvenne con Fabio Massimo il Temporeggiatore nella II guerra punica. Le dittature di Silla e di Giulio Cesare del sec. I a. C. non ripresero, dall'antico dittatore, che il nome, nel resto essendo cariche non contemplate dalla prassi costituzionale.
Infine si creava un dittatore quando mancava un magistrato autorizzato a compiere il rito o questo doveva essere ripetuto in seguito a una pubblica calamità.

Dictator clavi figendi causa

Dittatore che gli antichi Romani creavano con funzioni esclusivamente sacerdotali e limitatamente a una specifica azione rituale: doveva piantare un chiodo (il cosiddetto clavus annalis) sulla parete destra della cella di Giove nel tempio capitolino.

Duùmviro (duùmvir)

Duumviro era ciascuno dei due magistrati eletti annualmente, con incarichi giurisdizionali, amministrativi, civili e militari. Essi erano:

  • Duumviri aedi dedicandae: consacravano i nuovi templi, in sostituzione di magistrati superiori;
  • Duumviri aediles: Magistrati municipali con funzioni di polizia e con giurisdizione sui mercati e sulle finanze
  • Duumviri aedi locandae: curavano la costruzione di nuovi templi;
  • Duumviri agris dandis adsignandis: ripartivano e assegnavano le terre demaniali;
  • Duumviri iure dicundo: Magistrati municipali con funzioni di governo e giurisdizionali;
  • Duumviri navales: curavano l'allestimento della flotta;
  • Duumviri perduellionis: giudicavano i rei di alto tradimento;
  • Duumviri viis purgandis: curavano la manutenzione delle strade.

Epulo (Epulone)

L’epulone era un sacerdote appartenente ad un collegio incaricato di celebrare banchetti (epula) celebrativi in occasione di trionfi, dedicazioni di templi e simili. Inizialmente di detto collegio facevano parte tre membri, passati poi a sette ed infine, con Giulio Cesare, a dieci.

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