Il sarto dei Santi

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SARTO DI SANTI E VERGINI

IL PERSONAGGIO/Pietro Caruccio

Dal quotidiano La città di Salerno (http://lacittadisalerno.repubblica.it/) - 24 luglio 2008 - pagina 35 - sezione: NAZIONALE

IL SEGRETO DEL SARTO DI SANTI E VERGINI "Con l'oro ricamo fede e tradizione"

Lavora con rocchetti di filati d’oro e stoffe pregiate e molto preziose. I suoi sono capi unici per "clienti" cosiddetti speciali: i Santi. Gli crea abiti raffinati. Orna le loro vesti o esegue il riporto di antichi ricami. O li restaura.
E’ più noto noto tra le "glorie celesti" che, forse, tra i comuni terreni. Pietro Caruccio, di Olevano, fa l’artigiano da circa due decenni. Ed è una persona molto riservata sul lavoro. Passa le migliori ore della giornata in laboratorio, tra Vergini e Santi. A lui si rivolge il clero per rimetterli in sesto. Per il giorno della loro festa, ovviamente.
- Come si è avvicinato all’arte del ricamo dei vestiti dei santi e di paramenti sacri?
- Nasco come restauratore di sculture lignee policrome. Statue sacre, per dirla in breve. Il ricamo di vesti e paramenti sacri è una conseguenza. Le due cose viaggiano in parallelo.
Dovendo ornare e decorare sculture ho cominciato a lavorare con l’oro. Così ho cominciato a riportare antichi ricami e a confezionare, e ricamare, vestiti di santi e abiti sacerdotali.
- L’inizio "artistico" è legato al paese dove è nato e vive?
- Si, soprattutto all’ambiente parrocchiale con il quale ho collaborato diversi anni fa, quando la parrocchia di Salitto, frazione di Olevano, era guidata dal compianto don Alfredo Di Feo. Passione che è diventata col tempo un lavoro a tempo pieno.
- Anche la prima commissione è legata alla parrocchia di Salitto?
- Alla fine degli anni Ottanta c’era un gruppo numeroso di giovani intorno alla mia parrocchia. Ricordo che ci fu la necessità di fare un vestito nuovo alla Vergine del Rosario della chiesa della Borgata Valle. Eravamo giovani. Così c’ingegnammo per cucirla da soli.
Animati da un proposito nobile e seguendo i suggerimenti delle suore benedettine di Eboli, riuscimmo nel nostro intento.
- Poi arriva il primo restauro ed è ancora ad Olevano?
- I vertici della Congrega del Santissimo Sacramento mi commissionarono il restauro della statua di San Michele Arcangelo: quella conservata nella chiesa della Madonna del Soccorso, nella borgata Busolino. Si volle avvicinare la statua alla cultura napoletana. La precedente, che risaliva agli anni Cinquanta, era una scultura lignee malandata di Ortisei.
Il lavoro fu apprezzato. I salittesi mi affidarono la santa a cui sono più devoti: Santa Lucia. La scultura è¨ conservata nella chiesa di Salitto che risale al ‘600.
- Poi il lavoro di ricamatore e restauratore varca i confini comunali.
- Qualche anno dopo. Credo che tra i lavori di restauro eseguiti fino ad oggi, quello della Immacolata di Penta,frazione di Fisciano, è fra i più rilevanti. La scultura è attribuita, forse, a Nicola Fumo, che fu allievo dello scultore napoletano Giacomo Colombo. E ancora la Beata Vergine dellâ’Addolorata della chiesa di Castelluccio Inferiore, in provincia di Potenza, cui è legata una leggenda miracolosa. Si racconta che alla fine dell’Ottocento alcuni testimoni videro che le pupille della Vergine si muovevano e da esse sgorgavano lacrime.
- Altri restauri importanti? - Ho lavorato al restauro di altre sculture sacre e tra queste quella della Madonna della Speranza di Battipaglia, il San Rocco di Penta, il San Nicola di Ornito e il San Giorgio di Giffoni Valle Piana. Anche la Madonna del Rosario nella chiesa dei Servi a Margellina. - Ci sono nuove opere diPietro Caruccio nelle chiese salernitane? - Un esempio è l’Arcangelo Michele della chiesa della frazione Macchia di Montecorvino Rovella, realizzato su modello della scultura conservata nella Grotta di Olevano. E poi ho rifatto angeli e bambinelli andati persi o rubati». - Lei ha ricamato la veste di San Cono di Teggiano. - Tutti i lavori sono di uguale importanza. Quello di San Cono, forse, ha avuto maggior risalto perché il culto del Santo è molto sentito nel Vallo di Diano e tra gli emigranti. Per realizzare il vestito, comunque, c’è voluto un anno di lavoro. E’ stato impiegato oro 990 che è un oro fino. La stoffa usata, invece, è "lamiglia" di San Leucio, tessuta a mano in telaio antico. Ne viene prodotta un metro al giorno. Per il vestito di San Cono sono stati necessari dodici metri di stoffa e quindici once di oro. - Ma il ricamo non è visto come una lavoro al femminile? - Oggi prevale nell’immaginario collettivo la figura della ricamatrice. Prima del 1700 era un lavoro prettamente maschile. Ancora oggi nei Paesi arabi le donne non possono farlo anche perché occorre fare tanta forza sui telai per tendere le stoffe

Massimiliano Lanzotto

SCHEDA DEL PERSONAGGIO

La Città di Salerno - 24 luglio 2008 pagina 35 sezione: NAZIONALE

Pietro Caruccio, 41 anni, celibe, vive alla frazione Salitto di Olevano sul Tusciano. Ha intrapreso molto giovane l’arte del ricamo e del restauro. A capo del gruppo parrocchiale della frazione alta di Olevano, dove vive, confezionò nel 1988 il vestito per la Vergine del Rosario. Ha cominciato ad esercitare in ambienti vicini alla chiesa locale. I ricordi dei suoi primi lavori riportano alla Borgata Valle di Olevano: la stessa che ha dato natali allo storico del Meridione Carlo Carucci, padre del canonico Arturo Carucci, già direttore della Cattedrale di Salerno. Il ricamatore Caruccio è un autodidatta. La sua scuola sono state le frequentazioni e le pratiche presso alcuni artigiani di via Duomo a Napoli. Si è formato osservando il lavoro delle suore nei conventi, in particolare in quello dell’ordine delle Giuseppine in Sicilia ed è stato influenzato dall’arte dei ricamatori spagnoli della città di Valencia. Ha applicato alla lettera il proverbio "impara l’arte e mettila da parte”. Oggi ricama con filati di oro fino e confeziona le vesti dei Santi. Fin dagli inizi dei suoi ricami è stato affascinato da quella che si potrebbe definire l’altra versatilità dell’oro: il suo impiego nell’arte e nel decoro. E i risultati sono stati ottimi.


Articolo apparso sul Quotidiano “La Città di Salerno” il 24 luglio 2008 a firma del giornalista Massimiliano Lanzotto ringraziamo per averci autorizzato la citazione dell’intero articolo.



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