De reditu pag 2

Da Pklab.

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Ora nella vecchia borgata non c’è neppure lui. È andato via, ha raggiunto la serenità, Dio, i suoi genitori … ha finalmente raggiunto quel riposo che non gli aveva concesso una vita di duro lavoro, quella pace che meritava dopo aver combattuto una guerra che forse non capiva, ma sicuramente non voleva; ha trovato quel mondo migliore che tutti dicono di desiderare, ma per il quale nessuno fa mai abbastanza. Tanto tempo è passato, ma suo nipote, ormai diventato uomo, ricorderà senza dubbio i miei insegnamenti che gli permisero, poi, di andare avanti nello studio senza più chiedere l’aiuto di nessuno. Ho saputo, in ogni caso, che i suoi genitori ancora ringraziano gli dei per aver dato loro l’idea di affidare il loro figlio a me piuttosto che ad altri. Devo dire, e me ne vanto, che a tutti i miei allievi ho sempre insegnato un metodo per studiare e non mi sono mai limitato (come facevano tanti altri) a far svolgere loro solo i “compiti per il giorno dopo”. Allo stesso modo, oggi sono del parere che bisogna insegnare alla gente a procurarsi da vivere, invece che fare loro elemosine che servono solo a tacitare la propria sporca coscienza, a darsi arie di generosi e timorati di Dio … aria di fessi, perché, sia detto per inciso, nessun mi toglie dalla testa il pensiero che chi chiede l’elemosina lo fa perché non ha voglia di lavorare, ma vuole vivere sulle spalle dei tanti gonzi ai quali non sembra vero di lasciarsi spennare in nome di una carità pelosa.
Questo, però, è un altro discorso ….
Ritornando ai miei “doposcuola” posso sostenere, senza paura di essere smentito, di aver conseguito sempre eccellenti risultati.
Non so se gli allievi di un tempo si ricordano ancora di me … forse no e, probabilmente, se mi incontrassero per la strada non mi riconoscerebbero. Non lo so … io, invece, li ricordo tutti: dai più piccoli delle elementari (due fratellini australiani, i cui genitori avevano deciso di rientrare in Italia) a Patrizia, che frequentava il liceo ed aveva solo pochi anni meno di me.
Patrizia, lo affermo con grande soddisfazione e legittimo orgoglio, è stata il mio capolavoro scolastico, quasi come il “salto” della prima elementare, i dieci in quinta, il distacco abissale inferto al resto della classe in seconda media ed il recupero prodigioso in prima liceo.

Ricordo ancora come andò la storia, anche se sono passati quasi cinque lustri. Si era verso la fine di aprile, quando un mio buon conoscente, il fratello di suo zio, incontrandomi davanti al bar, mi fa:
- Senti Tuscio! Potresti farmi un favore?
- Certo! Se posso, anche due!
- Ti ringrazio, sei sempre molto cortese! Allora senti … mia cognata, la moglie di mio fratello, mi ha pregato di chiederti se sei disposto a fare un po’ di doposcuola ad una sua nipote! La ragazza in questione dice (ed io che ti conosco bene sono d’accordo con lei) che solo tu la puoi aiutare, ma, non so perché, si vergogna di chiedertelo direttamente. Mia cognata non ti conosce, ma poiché sa che siamo amici …
- Va bene, non ti preoccupare! – gli rispondo – Non mi devi dare nessuna spiegazione ed inoltre sai che a te non posso dire di no! Riferiscile pure che sono disponibile e che possiamo iniziare quando vuole, anche da domani.
- Che ne dici se, invece, ci andiamo a parlare subito? O forse hai da fare?
Ci andammo!
Conoscendo la mia eterna sfiga, ero sicuro di incontrare una “cozza”, una liceale occhialuta, secca e priva di curve, dove San Giuseppe si era divertito a “passarci la chianozza” … Grande fu la mia sorpresa quando di fronte mi trovai la mia futura allieva. Patrizia era una ragazza niente male, direi molto carina, anzi non è affatto esagerato dire bella: ci mancava solo che, invece dei blu jeans, indossasse il chitone. Io la conoscevo già da qualche tempo, anche se ora non ricordo né come né quando l’avevo incontrata per la prima volta. Non eravamo per niente amici, anzi, se la memoria non mi inganna, le ero addirittura antipatico o forse così credevo che fosse … sicuramente non mi dava un minimo di confidenza. Forse era l’atteggiamento di tutto il suo gruppo, ma, in ogni caso, non importa più di tanto … lei chiedeva aiuto proprio a me! Facemmo un rapido punto di situazione: nella materia in cui dovevo darle lezioni aveva appena preso una grave insufficienza (un quattro, in pratica) e questo, ad un mese o poco più dalla fine dell’anno scolastico, era veramente drammatico e rendeva il recupero un compito talmente arduo che molti avrebbero ritenuto impossibile. Pattuii con il padre il compenso: 1.000 lire al giorno (che in un primo momento lo fecero sobbalzare dallo stupore, tanto le ritenne eccessive) … e subito al lavoro.
La ragazza, tanto bella quanto intelligente, dimostrò molta buona volontà e seguì con impegno i miei insegnamenti, cosicché in poco tempo recuperò l’insufficienza e, interrogata, ottenne un voto che le avrebbe assicurato la promozione. Poiché aveva lacune anche in altre materie nelle quali avrebbe dovuto essere ancora interrogata, le diedi lezione pure in tali discipline … e fu il suo (ed il mio) trionfo: una promozione a giugno nella quale neppure lei credeva. Gli ultimi giorni li impiegai ad insegnarle “come si studia”, a darle un metodo ... probabilmente feci male; nessun altro l’avrebbe fatto e così gettai al vento la possibilità di continuare a darle lezioni e di rivederla ancora l’anno successivo.
Fu un duro lavoro! Per raggiungere i risultati auspicati, diedi davvero l’anima, sia perché dovevo rispettare l’impegno preso con il suo genitore e meritarmi i soldi che quell’onesto lavoratore mi dava, sia perché non volevo e non potevo fare una brutta figura con lei che mi piaceva molto. Era bello per me avere Patrizia vicino per tanto tempo … perché negarlo? Già questo mi ripagava quasi del mio lavoro … probabilmente le avrei dato lezioni anche gratis. Sarei un ipocrita se lo negassi … una bella ragazza ha sempre tante possibilità e porte aperte.
Ed il tempo passava in fretta sia perché il piacere di stare con lei mi faceva volare i minuti, sia perché eravamo molto concentrati al punto da non accorgerci, a volte, neppure che il sole era tramontato. Ed una sera, mentre spiegavo per l’ennesima volta una lezione che la ragazza stentava a capire, si aprì improvvisamente la porta della stanza. Era il padre che, con un tono non certo pacato, anzi addirittura visibilmente adirato, mi fece:
- A quest’ora sei ancora qui?
Il padre di Patrizia lo avevo visto solo quando avevamo stabilito il compenso per il mio incarico ma lo conoscevo di fama, o meglio, per quello che mi avevano raccontato gli amici (ora non so neppure se erano sicuri di quello che dicevano, se le loro affermazioni erano dettate dall’invidia per il fatto che stavo tanto tempo con quella ragazza o se volevano semplicemente prendersi gioco di me). Ebbene, di lui mi avevano detto cose terribili, come, ad esempio, che aveva inseguito con un’ascia un pretendente dell’altra sua figlia.
- Stai attento! Lascia stare Patrizia o quello ti prende con l’accetta! – mi aveva consigliato uno dei miei amici quando gli avevo confidato che andavo a casa di quella ragazza per farle doposcuola.
Forse l’episodio dell’ascia era una pura invenzione per mettermi paura, ma poteva essere anche un fatto realmente accaduto. Così, quando la porta della stanza si aprì ed il padre di Patrizia mi chiese: “Sei ancora qui?”, per un momento mi venne il cuore in gola, ebbi paura, tremai, mi sentii improvvisamente perduto, colpevole di qualcosa che non sapevo.
Fu lo smarrimento di un attimo! Subito ripresi il mio sangue freddo e con tono fermo, leggermente irritato, replicai: “Per cortesia vai fuori! Ne parliamo dopo! Qui stiamo a lavorare, mica a giocare … e quindi non mi scocciate! Altrimenti cercati un altro che vi faccia doposcuola!”

Sicuramente il povero cristo non si aspettava quella reazione e uscì dalla stanza perplesso, quasi sbigottito direi, senza proferire parola, non credendo a quanto stava succedendo. Patrizia rimase stupita per il mio coraggio (me ne accorsi da come mi guardava ammirata), ma io già mi ero pentito del mio gesto. Dopo un quarto d’ora circa, a lezione finita, mentre salutavo per andare via, il padre mi chiamò e si discolpò con voce sommessa: “Scusami Tuscio! Non volevo disturbarti! So che vi state impegnando molto e ti ringrazio, ma ero preoccupato per te perché è molto tardi e tu devi andare da solo con la macchina fino a casa tua”!

Ed io, ripreso coraggio ed ingiustamente duro: “Non ti preoccupare per me! So quello che faccio!”
… quel mese di maggio faceva molto caldo e così avevo chiesto al garzone del bar di portarmi ogni giorno, alle 18 in punto, una coppa gelato. I soldi li facevo scalare dalle vincite non spese di partite fatte “a mano a mano”: d’accordo con il barista, avevo aperto una specie di conto corrente. E così avveniva …. Il ragazzo bussava alla finestra (eravamo a pian terreno) e ci consegnava il gelato. Patrizia era contenta perché era pur sempre una piacevole pausa ed io per un mese potei gustarmi il gelato in compagnia di una così bella ragazza senza nessuno che rompesse i coglioni (non mi sarebbe stato possibile, sono sicuro, in nessun altro caso). Il fatto, però, suscitò le gelosie della ragazza del bar.
- Non farti più vedere da me! – disse – Ho saputo che ogni giorno mangi il gelato con quella, usando lo stesso cucchiaino (o forse disse che mangiavano il gelato nella stessa coppetta? Bah).
Non ricordo se l’accusa fosse fondata, … in ogni modo tra la ragazza del bar (non male anche lei, per la verità, anzi …) e Patrizia non avrei avuto dubbi … ma questa, purtroppo, per il momento era solo una mia allieva ed io per lei il suo insegnante, mentre l’altra era convinta che io fossi già allora antiquato o forse fascista, ora non ricordo bene ... in poche parole … niente!
Patrizia, però, mi è rimasta sempre nella mente, oltre che per quel risultato incredibile, perché … uno dei giorni che andavo a farle doposcuola, incrociai sulla porta (o forse era seduta con la mamma davanti all’uscio?) la sorella maggiore. La intravidi di sfuggita e solo in quell’occasione; se l’avessi rivista in seguito non l’avrei riconosciuta, ma da quel momento provai per lei una forte quanto immotivata simpatia. Solo molti anni dopo, credo di aver capito il perché … io nacqui la sera di un lunedì santo, alle 20,10. Tutti erano convinti, in base ai loro calcoli ed ai loro ragionamenti, che io dovessi nascere femmina ed invece il mio arrivo smentì consolidate credenze.
Il giorno dopo, quando ritornò a far visita a mia madre, l’ostetrica portò una notizia:
- Questa notte sono nati altri due bambini, due femminucce. Una è nata poco prima della mezzanotte, l’altra qualche ora dopo.
Sicuramente era quello il motivo di tanta simpatia… eravamo coetanei … nati la stessa sera, sotto la medesima luna. È il bisogno di appartenenza, l’affetto che lega il gruppo. Noi del ’58, noi di Olevano sul Tusciano, noi salernitani, noi del sud, noi italiani, ma anche noi che abbiamo fatto il Classico, noi giocatori di scopone, noi del bar di Vito … noi sopravvissuti del glorioso popolo etrusco.

Quel doposcuola mi diede grandissima fama: sicuramente immeritata presso i miei amici che fantasticavano per me avventure assurde con le allieve, ma ampiamente giustificata, presso studenti e genitori, come insegnante capace di ottenere qualsiasi risultato.
A conferma di ciò, una sera che mi trovavo a casa di mia zia Lucia, zio Michele mi fa:
- Nepò! Ti vorrei chiedere una cosa. È un piacere che devi fare a me e non mi devi dire di no!
- Dimmi, Zì Michè, di che si tratta! – risposi, non riuscendo ad immaginare in cosa potessi essergli utile.
- Dovresti fare doposcuola ad una ragazza che abita qui vicino, la figlia di un mio caro amico.
- Va bene! Non ho problemi, anzi lo farò con molto piacere. Ma perché si sono rivolti a te per cercare uno che fa doposcuola? Ce ne sono tanti ad Ariano e sicuramente non meno bravi di me!
- Si, lo so! Il fatto è che questa ragazza vuole proprio te, non uno qualsiasi. Lei ti conosce bene, sa che hai fatto doposcuola a Patrizia … e che lei, grazie a te, è stata promossa. Ora, dal momento che è stata rimandata, vorrebbe lezioni da te perché è sicura che con te sarà promossa!
- E come mai, se mi conosce così bene, non me l’ha chiesto di persona? Aveva paura che me la mangiassi?
- Non lo so! Credo che abbia paura che tu possa dirle di no! Mi sembra che ha detto di averti fatto uno sgarbo, di averti offeso o una cosa del genere … poiché sa che sei mio nipote …
- Bah! Puoi dirle che le darò le lezioni. Sono curioso, però, di sapere chi è, visto che mi hai detto che la conosco!
- Si chiama Carmela, abita qui vicino.
Avevo capito chi era … era una compagna di classe di Patrizia … anzi, ora che ci penso, aveva anche il suo stesso fisico … in quella classe c’erano alcune ragazze che sembravano fatte con il ciclostile. Eravamo buoni conoscenti, ma ad un certo punto aveva cominciato ad ignorarmi, a non rispondere al mio saluto. Tutto quel gruppo, anche Patrizia e sua cugina, aveva avuto lo stesso atteggiamento. Ora, una alla volta, venivano a chiedere il mio aiuto: era la mia rivincita, la rivincita del Tuscio maledetto e… già pensavo come giocare meglio le mie carte: non avrei commesso gli stessi errori che avevo fatto con Patrizia.

Il fato, però, ancora una volta burlone più che cattivo, volendosi divertire con me, aveva deciso diversamente e frustrò ogni mio tentativo: lei si trasferì al Nord e non se ne fece più niente. Ci rimasi male, non lo posso nascondere, per vari motivi: sfumava la possibilità di un buon guadagno, perdevo l’occasione di togliermi un altro sassolino dalle scarpe e soprattutto … Quella richiesta di doposcuola, in ogni modo, confermava il prestigio che avevo acquistato. Quella ragazza, tanto per non cambiare, rimase al Nord ed io non l’ho più rivista … un’altra persona che se ne è andata!
Non c’è più Vito nel bar, ma il resto è tutto uguale. C’è sempre (***), anche se non scherza più come una volta ed è invecchiato, il suo sorriso è stanco, il suo incedere svogliato, eternamente annoiato. A volte ricordiamo rapidamente come si era venti anni prima o giù di lì e come il tempo, la vita o il destino ci hanno fregato. Non c’è più neanche quella ragazza che spesso ci serviva a tavola e che tanto si era arrabbiata per la storia del gelato… mi hanno detto che si è sposata poco tempo dopo che sono andato via da Olevano. Era una di quelle che diceva di essere contro le convenzioni, contro i fidanzamenti ufficiali, contro questo e contro quello, contro tutto e … si sposò poco dopo, molto più giovane di quelle che miravano chiaramente al matrimonio. (***) lo vedo spesso, quasi ogni volta che passo per Ariano. Sempre gentile e pronto a scambiare quattro chiacchiere, ora non si siede quasi mai giocare a scopone; sono anni che non facciamo più una partita insieme …
Forse mi sto sbagliando: tutto è cambiato. Se niente fosse cambiato, allora non credo che ci tornerei: che senso avrebbe? Invece molte cose sono diverse e lo scoprirlo mi da un piacere nuovo che non sempre riesco a descrivere.

Che gioia (e che sollievo per lo scampato pericolo) provai quando rividi, dopo alcuni lustri, quella mia amica che era stata sul punto di … non credevo ai miei occhi, non riuscivo a capacitarmi della fortuna che avevo avuto manco fossi stato Gastone e non lo sfigato Paperino. Grassa ed invecchiata, era la caricatura grottesca di quella che pure era stata una bella fichina. Ancora oggi ringrazio gli dei per avermi voluto evitare un ulteriore dispiacere, per aver forzato il destino. Per un attimo i nostri sguardi si incrociarono; fingemmo di non vederci, con buona pace di tutti e due. Mi piacerebbe sapere cosa pensò in quel momento: rise di quel fesso che ero stato o maledisse con anni di ritardo quel coglioncello imbranato? Non lo so! Sicuramente, però, la mente di entrambi ritornò per un attimo indietro nel tempo per cercare di capire come era stato, dove si era sbagliato o fatto bene ... fu il pensiero di un momento: il mio fatalismo mi ha sempre impedito di decidere nei momenti cruciali e pertanto non ho colpa o merito per gli avvenimenti successi, non ho rimorsi o rimpianti. Quello che ho avuto è il meglio che potevo avere perché l’hanno voluto gli dei … ed essi, ne sono certo, per noi decidono sempre il meglio.

Mi ha stupito poi il comportamento di Giovanna. Non me lo sarei aspettato: dopo tanti anni, nonostante avessi tagliato la barba ed i capelli, nonostante facessi finta di essere distratto ed avessi mia moglie al fianco, mi si è avvicinata, mi ha abbracciato e quasi mi ha baciato, dicendomi: “Ciao! Come stai”?
Lei non è cambiata per niente; è uguale a 20 anni fa, anche se non riesce a nascondere qualche ruga che un’età simile alla mia le ha regalato. Poi è andata via e mi sono accorto di non conoscere più nessuno.
Non c’è più la gente che conoscevo e che era tutto il mio passato; sono andati via quasi tutti, ognuno seguendo una strada diversa. Il brutto è che spesso mi dicono che tanti sono morti ed è questo il motivo per il quale non li vedo più. Non ci credo, mi dicono bugie, mi prendono in giro, mi vogliono imbrogliare ... cosa significa sono “morti”? Cosa vuol dire morire? Si muore quando si è ignorati ...
Mi hanno raccontato che quando zio Lazzariello era in ospedale, poco prima di lasciare questa terra, stava sul letto, assorto, apatico, come senza vita. Un giorno che mia madre era andata a fargli visita, una signora, anch’essa in visita ad un parente della stessa stanza, le raccontò:
- Ieri è venuto un signore anziano a fargli visita. Li dovevate vedere! … questo fatto, questo episodio, quei ricordi. Sembrava essere rinato. Sono stati a chiacchierare quasi due ore … poi, quando quel signore è andato via, è ripiombato nel suo torpore di sempre, nella sua apatia. È strano! Sembra non abbia voglia di vivere…
L’anziano signore che era andato a fargli visita era zio (***), cugino suo e di mia mamma, figlio di una sorella di mio nonno (mentre zio Lazzariello era figlio di un’altra sorella). Ricordo bene zio (***), anche se non l’ho praticato molto … anch’egli era di fine umorismo, di facile battuta e quindi di piacevole conversazione. Mi ricordo, ad esempio, che quando vide le foto di matrimonio di Carlo, fatte nei templi greci di Paestum, se ne uscì con una battuta che ancora mi fa sorridere e che ho ripreso in varie occasioni:
- E che caspita! Ti sei fatto le foto nel convento?
La frase ai più non dice niente, ma per un olevanese, e soprattutto per uno di Valle, esprime umorismo, satira, ironia e forse anche amarezza. Egli, infatti, giocava sulla somiglianza di quelle antichità in contrasto con il diverso valore che veniva ad esse attribuito … i decantati templi greci, noti ai turisti di tutto il mondo ed il decadente convento, abbandonato da tutti e ricovero di qualche pastore e delle sue pecore … il destino!
Zio Lazzariello riviveva quando andava a fargli visita mia madre o zio (***); poi non era più vivo … esisteva!

Carlo, invece, mi ha raccontato quest’altro episodio, anch’esso illuminante. Negli ultimi tempi della sua vita, il mitico Tatillo, quasi centenario, giaceva sul suo letto, “più di là che di qua”, come si dice in gergo. Un giorno Carlo, allora caporale o forse sergente, andò a fargli visita. Tatillo rispose appena al suo saluto, ma non si destò dal suo stato di coma, dalla sua tristezza interiore. Con molta arguzia, allora, Carlo portò il discorso sui corpi e sulle specializzazioni dell’Esercito. Era la giovinezza del vecchio caporal maggiore, erano i suoi anni ruggenti … sembrò riprendere vigore, vita; l’ipocondria scomparve all’improvviso e con lucidità inaspettata raccontò, per l’ennesima volta, le sue esperienze militari, parlò della sua vita nel primo dopoguerra, di cannoni e di cavalli, di padroni ed operai, di questo e di quello … non avrebbe voluto smettere mai.
Poi Carlo andò via e fu come calare il sipario: Tatillo ritornò nel suo silenzio, nel suo torpore, in attesa e nella speranza di un altro spettatore.
Per questo mi sento un poco colpevole … se avessi potuto far visita a zio Lazzariello quando era in ospedale, sicuramente gli avrei donato altri minuti di vita, forse ore, giorni, settimane, chi sa! Avremmo parlato delle partite a scopone che ci aspettavano, del bar dove mancava sempre “il quarto”, dei fichi d’India che bisognava curare e gli avrei chiesto anche di insegnarmi a costruire e poi a suonare il flauto, e poi … come poteva dunque permettersi il lusso di morire se suo nipote aveva un tale bisogno di lui? Gli sarebbe toccato vivere ancora! Avrebbe dovuto chiedere una proroga agli dei! E così Tatillo: la morte poteva aspettare se qualcuno parlava con lui, ancora ascoltava i suoi racconti, le sue esperienze … ed aveva bisogno della sua saggezza antica.

Ora essi non ci sono più, anche per colpa mia!

Spesse volte mi informo di qualche vecchio conoscente che non vedo da tempo immemore: uno si è trasferito, l’altro è andato in pensione, chi si è sposato, a chi è nato un bimbo, quella ha sposato un vecchio cadente, quell’altra ha divorziato, chi fa una cosa, chi un’altra.

- È morto! - mi sento rispondere qualche volta.

Ed io ribatto che non può essere vero … Perché mi dicono che è morto? Perché è morto? Perché? È morto forse zio Lazzariello la cui saggezza antica ha superato gli angusti confini tusciani e si è propagata fin nella ridente città bimare, nella città eterna, e nuova gente lo conosce di fama? No! Non ci credo … Non solo non è morto zio Lazzariello, ma non sono morti neppure tutti gli altri il cui ricordo è ancora nella mente di chi li ha conosciuti.

- Ma io li ho accompagnati al cimitero …

E allora? Tanti, mi dicono, si sono trasferiti altrove, al Nord, a Firenze, a Battipaglia; li abbiamo accompagnati alla stazione, alla fermata del pullman, vicino alla macchina e nessuno dice che sono morti; altri continuano a vivere a Olevano, ma non li vedo comunque … ed essi sono vivi. E se essi sono vivi ed io non li vedo da decine di anni, perché allora non possono essere vivi anche chi non vedo da poco tempo? Ed infatti essi sono vivi, ma vivono altrove…

Si può essere morti anche se si continua a parlare, camminare e respirare ed essere vivi anche chiusi nell’angusta tomba di un cimitero.

Ora ad Olevano non trovo più nessuno; la gente davanti al bar non mi conosce ed io ignoro chi essa sia. E se chiedo dei vecchi giocatori di un tempo, continuano a dirmi che quello è morto, uno è ammalato e non esce di casa come una volta, qualcuno è andato via ... morto. Ed io non capisco … Possono essere morti quelli che continuo a vedere ogni giorno, di cui ricordo le parole e le gesta? No! Non sono morti, almeno non per me! E credete che sono vivi quelli che non vedo da anni, di cui non ricordo il nome e neppure il volto? Io non lo credo! Forse esistono, ma per me è come se fossero morti. Rendiamoci conto che esistere, vivere e morire hanno confini molto labili che non riusciamo ad identificare, non possiamo stabilire. E mi convinco sempre di più che la morte non esiste, ma durante questo viaggio a tappe che abbiamo iniziato con la nascita, ognuno di noi raggiunge la sua destinazione, prima il Nord, poi l’Estero, la Germania, l’America, l’Australia ed infine quello che chiamiamo Paradiso, Aldilà, Altra Vita, la Pace Eterna. E ci troveremo tutti … là rinsalderemo i nostri vincoli, le nostre amicizie, i nostri amori, i nostri affetti. E quando arriveremo, cercheremo, tra i tanti, i volti conosciuti, amichevoli, che ci facciano da guida in un ambiente che non conosciamo, ma nel quale loro si muovono a proprio agio perché sono giunti prima di noi e già si sono ambientati. A loro ci raccomanderemo per essere trattati meglio, per avere il nostro spazio, per essere giudicati con occhio benevolo.

Ed io stesso mi vedo giungere timido ed impacciato davanti al bar … mi fermo indeciso, mi sento addosso mille sguardi ostili, nessuno mi degna di un saluto ... sono un forestiero, oggi come mille anni fa!

normal_Ariano_-_Fora_a_Santa_Croce%281%29.jpg Fora' e pesciolini (foto dell'Anonimo Olevanese)

Penso che non entrerò, resterò fuori della porta, forse me ne andrò a sedere sopra una panchina, “fora ‘e pesciolini”. Poi mi faccio coraggio ed entro, guardo tra i tavoli … vedo zio Lazzariello ed Ertenisio che si contano i punti della partita a scopa che hanno iniziato perché io non c’ero ancora. Intanto anche altri sono arrivati davanti al bar e scrutano tra i tavoli …cercano qualcuno, qualche parente, qualche amico, qualche conoscente. La paura attanaglia, però, i nuovi arrivati. Si corre, infatti, il rischio di non conoscere nessuno o, peggio ancora, di sentirsi dire:

- Adesso ti ricordi di me? Perché per tutti questi anni non ti sei fatto vivo? Perché non sei venuto a visitarmi?
- Cosa dici? – qualcuno protesterà – Io, il 2 novembre e tutte le volte che entravo in una chiesa, ho sempre detto un Eterno Riposo per te, ho acceso un lumino. Ho fatto dire anche una messa per ricordare il giorno della tua morte!
- Proprio per questo io sono morto! Non hai mai trovato cinque minuti di tempo per stare con me. La tua preghiera era rivolta a Dio, e di questo ti ringrazio, ma quando mai hai parlato con me? Quando ti sei rivolto direttamente a me? È come se mi avessi mandato un pacco di viveri o una cartolina, ma per il resto mi hai considerato morto. Ora che hai bisogno di me, subito mi sei venuto vicino, subito mi hai riconosciuto! Dice bene il proverbio: “Quanno se zappa …”.

Allora non si saprà come rispondere, ci si renderà finalmente conto degli errori commessi ... ci sarà da piangere.

Io non voglio che mi possa accadere questo, non mi va l’idea che la gente che mi ha amato e che io pure ho amato mi possa o mi voglia ignorare per l’eternità.

E resto a guardare coloro che giocano a carte… ad un tratto zio Lazzariello alza gli occhi dal tavolo; mi vede; mi sorride; fa una battuta; mi invita a bere qualcosa. Anche Ertenisio si accorge di me e mi saluta cordiale, anche lui mi invita a bere ... già chiamano (*) per far portare “qualcosa”. Vorrei offrire io, ma mi accorgo di non avere il portafogli, di non avere denaro con me: possiedo soltanto quella moneta che avrei dovuto dare a Charun per farmi traghettare nell’ultimo viaggio. La stringo ancora tra i denti! Non so se il mio cammino è davvero finito, se resterò dove sono arrivato … non so ancora se mi vorranno con loro … non so neppure quando Charun verrà a prendere la moneta che gli spetta ….

- Lascia stare: è già tutto pagato!
- Grazie! Mi dovete scusare, ma sono confuso, mi sento un po’ spaesato ... non capisco neppure dove mi trovo!
- E che caspita! Sei a Olevano, dove credi di stare? Già ti sei scordata la tua casa? In ogni modo non ti preoccupare: avviene così per tutti per quelli che ritornano a casa! Tu, però, stai tranquillo e senza pensieri ... ci incarichiamo noi di tutte le pratiche da espletare per restare qui … perché tu resti qui, vero?
- Si! Vorrei restare! Ma ci sono anche pratiche da sbrigare? Credevo che una volta arrivato qui, fosse tutto finito!
- No, ci restano da assolvere alcune incombenze, anche se sono pure formalità. Devi sostenere un esame ed in base a quello si vedrà se potrai restare qui e quale posto ti deve essere assegnato.

A sentire parlare di esami mi prende l’angoscia, il timore del giudizio, la paura di non riuscire a superare una prova per la quale non sono preparato. È la storia che si ripete: davvero gli esami non finiranno mai?

- È il giudizio universale! – chiedo con il cuore che mi batte a più non posso, terrorizzato da un evento che sapevo doveva succedere, ma che avevo visto sempre lontano.

- Si – rispondono quasi insieme zio Lazzariello ed Ertenisio – è proprio il giudizio universale di cui tante volte avrai sentito parlare. Tutti devono essere sottoposti ad esso: alla giustizia divina non si sfugge. Come si suole dire: “Dio è lungariello, ma nun è scurdariello!”, anche se sempre di più lo si dimentica.

- Ed il giudice è Dio in persona? – domando ancora più terrorizzato, ben sapendo che la mia è una domanda retorica.
- Non sempre! Il buon Dio ha tanti impegni … deve controllare e dirigere tutto l’Universo: non è una cosa facile, niente è lasciato al caso ed alla fine i conti devono tornare. Gli uomini, poi, gli danno un sacco di pensieri, non riescono proprio a comportarsi come si dovrebbe: odio, violenza, guerra. Sembra che la ragione di cui sono dotati la usano solo per compiere il male o, al limite, per fare cose inutili. Se dovesse giudicare tutto lui, la gente rischierebbe di dover attendere anni, prima di sapere dove andare. Per questo motivo non sempre presiede ai giudizi. Egli esamina i casi più spinosi, ma il più delle volte, se gli è fatta richiesta, affida l’incarico ad una giuria con tanto di accusatori e difensori. Come posso dirti? Potremo parlare di giudici di pace ... dei conciliatori … dei “boni homini” … in ogni caso di elementi dotati soprattutto di buon senso, per risolvere le “controversie” senza imbrigliare la gente tra lacciuoli e cavilli giuridici. Naturalmente deve trattarsi di gente che merita questo privilegio, che deve aver dimenticato del tutto la mentalità umana. Se per caso si facesse prendere dalla mania di grandezza, allora non avrebbe più tale onore e prestigio. Se a giudicare fossero gli uomini con la mentalità che hanno sulla terra, di sicuro avremmo il Paradiso vuoto e l’Inferno stracolmo ...
- Chi saranno i miei giudici? Mi giudicherà Dio? Ho paura: non voglio essere giudicato da Lui! – replico dimostrando di non aver capito niente e che la paura mi ha ottenebrato il cervello.
- Non ti preoccupare – mi consola zio Lazzariello – E noi che ci stiamo a fare? Abbiamo già parlato con il Padre Eterno e così sarai giudicato da una commissione. Il presidente di essa è Zì Peppino, si, proprio tuo nonno. Io faccio l’accusa; Ertenisio, suo fratello Umberto e Carlino sono i difensori. La giuria sarà composta da Tatillo, Peppe "Fusillo", Fratel Di Spirito e due forestieri che ho conosciuto qui, un certo Avile Vipiennas ed una ragazza, sua nipote Larthia, che sono qui da oltre duemila anni e che ti stavano aspettando. Molte volte, infatti, sono venuti ad informarsi se per caso tu fossi arrivato … Essi non sono di questi posti, ma del Nord, di un posto che non conosco, mi sembra che hanno detto che si chiama Veio. Non ho potuto dire di no perché quella è gente che conta, sono qui da tanto tempo ed hanno un sacco di amici. È gente che con il Padre Eterno si danno del “tu”. Hanno detto che sono tuoi amici e vogliono essere anche loro i tuoi giudici … li conosci davvero?

Mi sento improvvisamente leggero e sereno: nessuno mi ha abbandonato. I miei vecchi amici, le persone che mi volevano bene, hanno parlato con Dio e saranno proprio essi a giudicarmi … anche i miei vecchi etruschi si sono ricordati di me e sicuramente mi perdoneranno per essermi presentato senza insegne e senza littori, senza aver portato a termine i miei compiti, sconfitto.

- Si! Sono miei amici che non vedo da secoli…
- Allora tutto a posto!
- Ma io un giorno vedrò Dio? – chiedo, quasi deluso che il Padreterno mi abbia considerato una “routine”, un caso insignificante come tutta la mia vita.
- Sicuro! Hai forse qualche dubbio? Ti dirò, anzi, che qualche giorno fa, proprio lui mi ha detto che quando saresti arrivato avrebbe voluto fare una partita a scopone con te per vedere se sei davvero tanto bravo!
- Davvero Dio ha detto così? Davvero, fra tanti milioni di persone, mi conosce così bene al punto di sapere che sono un giocatore di scopone? Davvero faremo una partita insieme? – non credo a quanto sto sentendo, non conoscendo l’infinito amore di Dio.
- Certo! Ricordati che Dio non ha figli dimenticati!

Le carte sono già pronte. Dico a zio Lazzariello ed Ertenisio di finire tranquillamente la partita che hanno iniziato. Io, prima di sedermi al tavolo voglio prendermi un caffè, farmi un giro per il paese. Vedo così Tatillo che racconta ad alcuni ragazzi di quando era soldato, Peppe Fusillo che insegna la Storia ad un bambino con i capelli a spazzola, Runato che lavora ed aggiusta le scarpe con un pezzo di copertone di macchina, Carlino che esce con l’asino, Rosalia che va a Montecorvino, Guerino che racconta storie amene ... per incanto mi accorgo che tutti quelli che credevo morti sono vivi e capisco che noi possiamo farli vivere parlando con loro, parlando di loro, pensando a loro ...

… Ed ho ritenuto che essi meritano quello che non mi è stato possibile dare loro tanti anni fa: il mio tempo. Sono entrato nel cimitero e sono andato a far visita a tutti loro, uno per uno. Ho camminato tra le tombe, li ho cercati, li ho trovati, mi sono fermato a parlare con loro …

… e per la prima volta mi è sembrato che tutti mi abbiano sorriso.

È il Tuscio che disse questo thumb_Anonimo_olevanese.jpg

Anonimo Olevanese da piccolo osserva il mondo


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