Cecilio Stazio

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Revisione 18:04, 18 Feb 2006

La vita

Caio Cecilio Stazio era di origine gallica.

Nato probabilmente a Milano verso il 230 a.C., fu portato a Roma, schiavo o prigioniero di guerra, come era già successo a Livio Andronico e come succederà poi a Terenzio. Nell’Urbe si distinse per le sue doti letterarie e per il suo ingegno. Fu affrancato dal suo padrone, un certo Cecilio, prendendone anche il nome. Studiò e lavorò anche con il grande Ennio, che era di qualche anno più anziano.

Ignoto è il luogo della morte che avvenne nel 166 a.C..

Le opere

Come commediografo, Cecilio Stazio conobbe il successo in teatro solo dopo la scomparsa di Plauto. Da allora, e per un ventennio, fu il dominatore della scena comica romana. Di lui conosciamo una trentina di titoli (Plocium, Exul, Gamos, Synephebi), ma solo 300 versi delle sue commedie.

Il motivo della perdita totale delle opere di Cecilio Stazio è da attribuire sicuramente al fatto che egli fu schiacciato tra i due giganti del teatro romano, Plauto che lo precedette e Terenzio che lo seguì. In ogni modo è, però, davvero strano che non si sia conservato proprio niente delle sue opere perché Cecilio fu un comico di immenso valore. Gli antichi, infatti, ne avevano un'altissima considerazione: ammirato da Terenzio, fu giudicato il massimo dei comici romani, dunque anteposto a Plauto stesso, persino da Cicerone, che pure gli rimproverava difetti nell'espressione latina.

Giudizio

Cecilio Stazio imitò Menandro, o piuttosto lo rielaborò in modo originale, senza utilizzare l'artificio della “contaminazio”. La sua comicità assomiglia più a quella corposa e rusticana di Plauto che a quella delicata di Menandro e di Terenzio. Non mancano, però, in Cecilio Stazio, alcuni spunti d'introspezione psicologica divenuti poi tipici di Terenzio stesso. Si può dire, senza paura di sbagliare, che quello che distingue meglio Cecilio è proprio la sentenziosità, la riflessione a volte etica, a volte amara e pensosa, spesso carica di umanità, come abbiamo visto anche in Plauto.

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