Astuzia

Da Pklab.

Revision as of 20:40, 31 Lug 2008; view current revision
←Older revision | Newer revision→
Jump to: navigation, search

"Bisogna cavarsela, ovvero l'astuzia di un Olevanese DOC "

di

Carmal

Nel 1982 Sua Santità Giovanni Paolo II ed il Cardinale di Torino decisero di esporre la sacra Sindone, da anni racchiusa nella sua teca e praticamente invisibile ai fedeli.
L'evento destò interesse e scalpore. Da tutta Italia, che dico? da tutta Europa, masse di pellegrini si mossero per vederla. Anche l'arcivescovo di Salerno e vari parroci si diedero da fare, per organizzare viaggi alla volta dell'ex capitale sabauda.
Persino l'avvocato Pasquale Carucci, ottantaduenne, con la moglie, settantacinquenne, pieno di fede, volle partecipare ad uno di questi pellegrinaggi. Oltre che contemplare il Volto Santo, voleva anche rivedere Torino, città in cui agli inizi del 1918, non ancora diciottenne aveva conseguito il brevetto di sottotenente di Artiglieria, per poi andare subito a Nervesa, nelle retrovie, con le truppe di riserva in attesa dell'inevitabile ennesimo tentativo austriaco di rompere la linea del Piave.
Il Pullman, pieno di devoti salernitani, partì da Salerno per giungere in tarda serata a Torino.
I fedeli cenarono e subito andarono a letto in quanto nella prima mattina si doveva raggiungere la Basilica di Superga ove la Sindone era esposta.
Questo era il programma, ma, tra colazione, imbarcarsi sul pullman, raggiungere la Basilica, trovare il posteggio si ritardò un po’, e quando i pellegrini salernitani si misero in coda, la fila era già chilometrica.
L'avvocato Carucci era un uomo di fede, ma anche d'azione e dopo un po’ si stufò di stare in fila, per di più in piedi. Dopo meno di una mezz'ora si era già rotto i.... la fila era lunghissima, lenta e l'attesa tanta.
Disse alla moglie: "Maria sono stanco, non me la sento di fare questa fila... se poi sto male" e congedatosi anche dai compagni di viaggio prese un mezzo per tornare all'albergo e riposarsi.
La solitudine e l'inattività però non gli andavano bene. Dopo un po' chiamo la portineria dicendo che si sentiva male, che in passato aveva avuto un infarto (???) e aveva bisogno di aiuto.
Il portiere, premurosissimo chiamo l'ambulanza, che giunse sollecita, in quanto, proprio in previsione dell'afflusso dei pellegrini il servizio era stato potenziato. Gli infermieri presero in consegna l'avvocato e lo portarono alle Molinette. Lì venne subito visitato, auscultatato, elettrocardiografato e gli furono fatti prelievi, per escludere una nuova sindrome coronarica, cosa di cui l'avvocato non aveva mai in realtà sofferto.
Tutto risultò negativo il che, come è ben noto, per il paziente è molto positivo; quindi lo dimisero e un'altra ambulanza si accinse a riportarlo in albergo.
A questo punto l'avvocato comprendendo che si sarebbe trovato di nuovo da solo parlò agli accompagnatori. Disse (queste non sono le esatte parole, ma il senso è il medesimo): ragazzi sono un vecchio avvocato di Salerno, sono stato cadetto alla scuola di Artiglieria a Torino tra la fine del 1917 e gli inizi del 18 (vero), sono cavaliere di Vittorio Veneto (vero anche questo) prima che muoia fatemi la grazia di poter contemplare la Sacra Sindone!
Cosa avreste fatto se vi foste trovati al posto degli infermieri torinesi?
Dopo essersi consultati brevemente decisero di accompagnarlo. Poiché stavano in ambulanza, il veicolo poté posteggiare poco distante dalla Basilica. Da lì in carrozzella, come si conviene ad un malato o ad un invalido superando tutti i fedeli in fila, l'avvvocato Carucci poté tranquillamente contemplare il sacro lenzuolo, commuoversi e recitare i tre Pater, Ave e Gloria d'obbligo. Poi, di nuovo in ambulanza, fu riportato in albergo. L'avvocato li ringraziò calorosamente, li confortò dicendo che avevano compiuto un'altra buona azione e li benedisse.
Si era fatta sera, l'avvocato cominciò a sentire un certo languorino allo stomaco e, poiché ancora non era tornato alcuno dei compagni di viaggio, da solo andò nella sala ristorante per cenare. Aveva da poco iniziato il suo pasto che i pellegrini ritornarono.
Tutti erano stanchissimi; la moglie dell'avvocato era addirittura esausta e con le caviglie gonfie, malgrado fosse piuttosto magra.
La fede l'aveva sorretta, ma disse che non avrebbe ripetuto mai più un simile sacrificio, anche se avesse avuto l'indulgenza plenaria assicurata.
- Però che emozione vedere il volto di quell'UOMO, i segni dei chiodi....
- Si! si! è vero, fà impressione, mi sono commosso, quasi piangevo" disse l'avvocato.
- Ma perché tu l'hai vista la Sindone ? e quando? - chiese stupita la signora Carucci.
- Nella tarda mattinata - disse l'avvocato e raccontò alla moglie ed agli altri commensali come, grazie alla perfetta organizzazione ed alla umanità dei torinesi, aveva potuto, con minimo consumo energetico e di pazienza realizzare il suo fioretto.
I commensali, saputo la storia, applaudirono ed ebbero un fugace sollievo alla loro inenarrabile fatica. In seguito la storia fece il giro di tutta Salerno, dando ulteriore lustro ad un figlio di Olevano sul Tusciano.


Torna a Giacinto Carucci oppure vai a il sarto dei Santi


editus ab thumb_OL027Vag_pub.jpg

Personal tools