Il carattere morale degli olevanesi
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Revisione 17:44, 11 Lug 2008
IL CARATTERE MORALE DEGLI OLEVANESI
Non è facile parlare del carattere morale degli abitanti di Olevano sul Tusciano. L’Olevanese, infatti, racchiude in sé tutti i caratteri dei suoi antichi padri e sembra quasi che sia le invasioni barbariche sia le vicende succedutesi poi nel corso dei secoli sulla nostra penisola non abbiano minimamente alterato le caratteristiche ereditate da uno splendido passato.
Nell’Olevanese rivivono i gloriosi Etruschi che per primi abitarono sulle rive del fiume Tusciano ed i Greci con i quali essi commerciavano; nell’Olevanese rivivono gli antichi Romani, tenaci e mai domi. Nell’Olevanese rivive, così, l’eterna rivalità delle lucumonie etrusche e delle poleis greche passata attraverso quella medioevale tra papisti ed imperiali, tra Guelfi e Ghibellini, tra Bianchi e Neri, Francia o Spagna, i Comuni, il Palio di Siena e via di seguito. Non è esagerato né irriverente quanto si sta affermando: probabilmente anche la posizione geografica ha contribuito a formare e mantenere il carattere morale degli abitanti di Olevano sul Tusciano.
“Sic crevit fortis Olibanus” potremmo affermare parafrasando il grande Virgilio.
L’Olevanese ama la terra, la sua terra, quella terra che gli darà da vivere per sé e per la sua famiglia, quella terra che crea ricchezza e benessere e che un giorno (voglia Iddio il più lontano possibile) lo raccoglierà nel suo seno. Egli è un lavoratore tenace e instancabile, fiero dei proventi del suo lavoro, della “resa” delle sue olive, della “gradazione” del suo vino, della dolcezza dei frutti delle sue piante, della bontà dei prodotti dei suoi campi. In questo sembra voler mettere in pratica i precetti esposti circa 3000 anni fa da Esiodo, il grande poeta didascalico greco, convinto che il duro lavoro quotidiano, condotto con rettitudine e fiducia in Dio, conferisca dignità all’uomo. Non per niente è olevanese il detto “’a fatica nùn è vr’ògna” (il lavoro non è vergogna).
L’Olevanese, per contro, ed in questo si dimostra più villanoviano che etrusco, non ama il mare, se non per scopi balneari, per farsi le “sabbiature” e “curarsi i reumatismi”. Ad Olevano sul Tusciano, infatti, non si ricordano grandi navigatori, mentre, a dimostrazione di quanto poco ami i viaggi marittimi ed aerei, spesso è citato il proverbio “pè ‘mmare e pè ciel nun ‘nce stanno tavèrn” (per mare e per cielo non ci sono taverne). Questo attaccamento alla terra determina anche una certa avversione alla novità: l’Olevanese guarda con sospetto il nuovo; pragmatico com’è vuole vederci chiaro, prima di avventurarsi su strade e sentieri sconosciuti (“chi lassa a strada vecchia pa nova, sape chèr ca lassa, ma nun sape chèr ca trova” … recita, al proposito, un vecchio proverbio olevanese). Egli, probabilmente, avverte che il progresso tecnologico annulla la sua personalità rendendolo uguale a tutti gli altri …. l’Olevanese è artigiano più che industriale, coltivatore diretto piuttosto che latifondista e via di seguito.
Lampante è anche l’eterna rivalità che caratterizza gli Olevanesi. Non si tratta, però, di una contrapposizione cattiva, di avversione o di inimicizia … tutt’altro. Ci troviamo di fronte ad un sano e bonario antagonismo dovuto alle distanze che separano le varie frazioni e borgate, distanze che un tempo dovevano sembrare immense, ed alla posizione delle stesse. Gli abitanti di Ariano, frazione capoluogo, si “sentono” gli abitanti “della capitale”, quasi superiori agli altri; i Monticellesi, forse per la vicinanza a Battipaglia, si ritengono più emancipati, mentre i Salittesi ci tengono ad evidenziare la loro resistenza al lavoro, il loro pragmatismo e la loro positività. I Vallanesi, dal canto loro, non si intromettono in questa disputa a tre, orgogliosi di essere stati un tempo la culla della cultura avendo dato i natali al professor Carlo Carucci e gli abitanti di Castagneto di essere stata un tempo la loro borgata il centro del potere a Olevano … e via di seguito.
Questo antagonismo sembra infinito ed invece scompare quando all’orizzonte compare un avversario. Allora riappare in loro lo spirito delle poleis greche che si coalizzano e battono i persiani, che mettono da parte le rivalità ed affrontano i macedoni.
Oggi, in verità, tutto si riduce ad un simpatico sfottò, specie tra i più anziani, perché mezzi e servizi hanno davvero accorciato le distanze tra luoghi e persone ed i giovani si sentono soprattutto olevanesi.
Un altro elemento che caratterizza l’Olevanese è la memoria: l’Olevanese non dimentica, nel bene e nel male. Egli si ricorderà per sempre di un favore ricevuto: è sempre pronto a ricambiarlo ed aspetta l’occasione propizia per farlo; serba, poi, gratitudine all’infinito. Allo stesso modo, però, non dimentica tanto facilmente le offese ed i torti subiti. Egli, inoltre, si ricorda sempre degli amici, anche se conosciuti in tenera età, e li rivede con piacere anche dopo molti lustri; ricorda la sua gente e la sua terra. Non c’è dubbio: l’Olevanese ama la sua terra, ama la sua gente e guai a chi gli tocca il suo paese ... si fa un nemico.
Il legame tra gli Olevanesi appare ancora più evidente e saldo proprio quando essi sono fuori dal proprio paese, quando si trovano ad essere “in esilio con licenza di rientrare per l’estate o per Natale”, quando sono emigranti. Se due Olevanesi si incontrano fuori dal loro paese, in qualsiasi parte del mondo, fraternizzano, si aiutano, legano subito e si comportano come se si conoscessero da sempre.
E, per quanto faccia e per quanto dica, un Olevanese non dimentica mai il suo paese, soprattutto perché in fondo è tra la sua gente che vorrebbe iniziare il suo ultimo viaggio.
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